RADDUSA, “LA CRISI DELLA COMMERCIALIZZAZIONE DEL GRANO DURO”

  • di Redazione Il Solidale
  • 24 lug 2016
  • CRONACA

RADDUSA,  “LA CRISI DELLA COMMERCIALIZZAZIONE DEL GRANO DURO”

Ubicata nell’assolato entroterra siciliano, agli estremi confini del vasto territorio provinciale, Raddusa, definita e ufficialmente battezzata, “Città del Grano e Principale Granaio della Sicilia” perché nelle sue colline si produce il grano duro biondo siciliano di ottima qualità che fino ad un tempo non molto lontano era il più ricercato dalle industrie di trasformazione e dai più rinomati pastifici italiani. Oggi il settore cerealicolo della “Città del Grano” registra la più disastrosa crisi della sua storia; una crisi che mette in serio pericolo l’economia dell’intera cittadina basata sostanzialmente e principalmente sulla cerealicoltura. Gli agricoltori cerealicoli sono molto preoccupati e lo dimostrano le riunioni sindacali di categoria che avvengono giornalmente nel tentativo di trovare il modo migliore per affrontare la crisi del settore generata dal crollo delle quotazioni del grano duro biondo siciliano dovuto all’importazione dei grandi quantitativi di grano provenienti dai paesi esteri dove i costi di produzione sono inferiori a quelli esistenti in Italia. A seguito dell’ennesima riunione degli agricoltori raddusani con quelli del circondario, abbiamo ascoltato, nella conferenza stampa di ieri l’altro, l’Imprenditore Agricolo Vincenzo Grassia, presidente del Consorzio Sicil Cereal, membro della Giunta Provinciale della C.I.A. di Catania (Confederazione Italiana Agricoltori) e presidente per la regione Sicilia della G.I.E. (Gruppo Interessi Economici) per la Cerealicoltura, che ha fatto una dettagliata disamina sui motivi che hanno causato la crisi del settore. “La crisi di mercato che ha colpito il settore cerealicolo - ha detto Vincenzo Grassia nella sua lunga relazione – è gravissima e non lo è soltanto per la città di Raddusa; lo è soprattutto per la Sicilia che, in quanto a grano produce più del doppio del proprio fabbisogno per cui ha la necessità di esportare almeno il 50% fuori dall’Isola. Ma non può farlo per il semplice fatto che i pastifici italiani e le industrie di trasformazione si riforniscono del grano proveniente dai paesi esteri che vendono a basso prezzo poichè i costi di produzione, che da loro sono irrisori, permettono di applicare i prezzi concorrenziali che hanno fatto crollare quelli del grano duro biondo siciliano, assolutamente privo di micotossine e quindi sano, genuino ricco di sostanze energetiche e di proteine. In pochi giorni le quotazioni del nostro grano sono passate dai 34 cent. al Kg. ai 15-16 cent. al Kg. quando ogni cerealicoltore per produrre 1 Kg di grano affronta una spesa di 25 cent. al Kg. Questo significa che ogni produttore di grano duro biondo siciliano avrebbe una perdita di 8-10 cent. al Kg. Ecco perché i nostri produttori non riescono a vendere e i nostri silos continuano a restare pieni”. Il presidente della Sicil Cereal si è poi soffermato a spiegare la differenza qualitativa tra il grano importato dai paesi esteri che, trattandosi di regioni molto piovose durante il suo percorso di crescita ha bisogno di essere trattato con azotati e antiparassitari dannosi per la salute dei consumatori, mentre quello che si produce in Sicilia, grazie al clima, non ha bisogno di alcun trattamento e quindi risulta essere più sano e genuino”. “Ma – continua il presidente Grassia – le industrie preferiscono scegliere il prezzo anzichè la qualità e così il nostro grano non trova acquirenti e resta immagazzinato nei silos. Davanti a questa situazione gli agricoltori cerealicoli sono tentati ad abbandonare i terreni, così almeno non ci rimetterebbero il contributo della P.A.C. , ma io sono fiducioso e li esorto a desistere perché le cose potrebbero cambiare”. Il Grassia consiglia inoltre agli agricoltori cerealicoli di percorrere la strada dell’associazionismo perché, quanto meno, “tale strumento servirebbe a fare recuperare al cerealicoltore stesso la propria  dignità e soprattutto servirebbe a ripristinare il piccolo potere contrattuale nell’acquisto dei mezzi tecnici e nelle vendite collettive del proprio prodotto”. Nella fotografia la sede del Consorzio Sicil Cereal con i silos pieni del grano non venduto

 


                                                                                                                    Francesco Grassia