Ritratti d'America: il ceto medio

  • di Redazione Il Solidale
  • 10 ago 2016

Ritratti d'America: il ceto medio

Il Maine è uno stato nord-orientale degli Stati Uniti, al confine con il Canada, tre volte più grande della Sicilia e popolato quanto la provincia di Palermo. Si tratta di uno degli stati meno ricchi degli Stati Uniti; è famoso per le aragoste e le località turistiche che si affacciano sulla costa frastagliata, frequentate dalle élite statunitensi della costa orientale. L'entroterra invece, è un territorio collinare, percorso da fiumi e denso di foreste dove si caccia la selvaggina, e si trascorrono i fine settimana in campeggi immersi in scenari da National Geographic. 

Vado a trovare Forrest, un amico, a casa dei genitori, in una cittadina tipica della provincia americana, dove per le distanze - fra vicini di casa, fra centri abitati, fra paesi e città - tutto è remoto. Ma tutti si conoscono, e le porte di casa non sono mai chiuse a chiave. Entrambi i genitori sono insegnanti, la madre si prepara a diventare assistente sociale in forma privata. Appena arrivati, viene a farci visita un amico di famiglia, subito entusiasta per la mia presenza: un italiano di passaggio, per giunta siciliano, non era mai capitato da queste parti. Ci lascia in omaggio un bidone di zuppa di piselli. 

Per cena prepariamo bistecche di cervo, da lui stesso cacciato e macellato: un modo anche per festeggiare il diploma di laurea in legge che ha appena ricevuto per posta. Gli farebbe comodo iniziare a lavorare subito come cancelliere di tribunale, ma la speranza è quella di entrare al più presto in uno studio legale privato per poter rimborsare più velocemente i debiti. In effetti Forrest, che ha compiuto 30 anni, ne ha per circa $140.000 (ca. €126.000), senza contare l'8% di interessi annui: ha finanziato i suoi 3 anni di vita studentesca con un prestito bancario, così come tutti gli americani della classe media che fanno la stessa scelta. La sua è una situazione normale. Gli spiego che da noi le banche concedono prestiti equivalenti ad aziende già avviate che fatturano dieci volte quell'ammontare. 

Quindi al momento Forrest ha ritrovato la sua stanza, ma è ospite in casa propria. Mentre da noi la famiglia mantiene il proprio ruolo sociale naturale, in America non svolge alcuna funzione di tutela: la famiglia si riduce all'insieme dei rapporti di parentela. La solidarietà in effetti è percepita come un concetto religioso: intesa cioè come un obbligo morale per chi professa una fede, anche quella è assimilabile ad una scelta individuale qualsiasi. È difficile far capire agli americani come la solidarietà possa far parte integrante dei costumi, come da noi. Di norma i genitori cessano di essere tali ben prima dell'adolescenza, dall'età cioè in cui i figli sono tenuti a prendersi autonomamente cura di loro stessi e delle proprie cose: sicché la gran parte degli americani adulti continua a farlo con i criteri propri dell'infanzia, cioè con metodo, ma senza discernimento, con prudenza, ma senza lungimiranza. Vige anche sul piano familiare l'individualismo tipico delle società anglo-sassoni. La solidarietà è esclusa persino dopo la morte: la pubblicità di un'assicurazione che propone una copertura per le spese funerarie recita "per evitare che spese gravose ricadano sui vostri cari". Anche la morte è materia di responsabilità individuale. 

Forse per questi motivi, la sfiducia nel modello americano si è diffusa indipendentemente, per la prima volta, dalla congiuntura economica e dalla critica ideologica. Il sentimento si palesa nelle campagne elettorali per le elezioni presidenziali che si terranno a novembre. Prima fra tutte, quella del miliardario Trump, cui slogan elettorale è "rifare grande l'America" - come se gli Stati Uniti non fossero da trent'anni l'unica potenza mondiale, e oggi più che mai incontrastati. Ha vinto le primarie perché a differenza dei concorrenti repubblicani, confusi e fuori luogo, è in grado di catalizzare il malcontento, poco importa se ne ignora completamente le ragioni. Clinton, erede di Obama, al potere da vent'anni e disposta a rimanerci, rappresenta pienamente lo statu quo, mascherato da novità (dopo il primo presidente afroamericano, sarà probabilmente la prima donna), ed è la candidata ovvia della classe media. Ma la sua candidatura è stata a lungo insidiata dal "socialista" Sanders, che milita per un temperamento del capitalismo sfrenato, fino alla sconfitta nelle primarie nonostante un ampio consenso presso gli elettori democratici. 

Anche Forrest, che cita Dante a memoria e ha per le culture d'oltremare un'ammirazione tipica fra gli americani più istruiti, medita una carriera in politica. Contrariamente ai potenziali colleghi, non è mosso da ambizioni personali, né da impegno ideologico: dopo aver vissuto all'estero e conosciuto gente da tutto il mondo, ha in mente di condividere con i propri concittadini un punto di vista alternativo sui valori sociali e sulla convivenza civile. Suo padre non ha dubbi: "Forrest sarà il prossimo governatore del Maine. Conosce la sua gente." E sorridendo gli dà una pacca sulla spalla. Il sogno americano assomiglia sempre più alla speranza.

Marco Amuso