Javid: "Vi racconto la mia storia..."

  • di Redazione Il Solidale
  • 4 set 2016
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Javid: "Vi racconto la mia storia..."

Raddusa – Javid è un giovane pakistano di 37 anni che da quattro mesi è ospite del Centro di Accoglienza di Caltagirone che lo ha assegnato allo Sprar di Raddusa dove risiede dal 29 aprile del 2016.

Sin da quando è giunto a Raddusa il giovane ha voluto rendersi utile alla comunità raddusana, che lo aveva accolto con grande affetto, ed ha chiesto di poter provvedere di persona alla pulizia giornaliera della piazza Vittorio Veneto, compreso il monumento dei caduti in guerra che incide nella stessa piazza, e parte della centralissima via Regina Margherita.

La sua richiesta è stata accolta con piacere dai responsabili dello Sprar e così Javid da quasi quattro mesi provvede ogni giorno a mantenere pulita la zona di sua competenza. Lo fa con il massimo impegno, volontariamente e gratuitamente, e ciò gli ha permesso di integrarsi completamente con tutta la popolazione raddusana e soprattutto con i negozianti della zona che per ringraziarlo lo hanno coperto e continuano a coprirlo di regali di ogni tipo. Ieri l’altro lo abbiamo incontrato sul posto di lavoro e, seduti in una delle tante panchine della piazzetta, abbiamo scambiato quattro chiacchiere in perfetto stile amichevole e lui ci ha raccontato la sua storia, dalla sua partenza dal Pakistan al suo arrivo a Raddusa.

Con l’aiuto della dott.ssa Gaetana Pagana, responsabile dello Sprar Raddusa di cui Javid è ospite, e in un inglese molto approssimativo intramezzato da alcune parole italiane e da altre in puro dialetto raddusano, siamo riusciti a spiegarci ed a farci capire.

“Nel 1979 – ha esordito Javid - sono nato a Parachinar, una città pakistana vicino il confine con l’Afganistan, dove sono cresciuto, dove ho lavorato e dove sono vissuto fino al mese di settembre 2014 con la famiglia che, insieme a mia moglie e con grandi sacrifici, avevo creato.

La mia città, come tutta la zona circostante, era controllata dai terroristi talebani che dettavano la loro legge e imponevano il loro credo criminale. Un giorno ricevetti al mio domicilio la visita di un gruppo di essi che, con tono imperativo e senza mezzi termini, davanti ai miei bambini, mi dissero che per me avevano preparato un progetto che prevedeva il mio arruolamento nelle loro file e il successivo addestramento per quello che, secondo lo stesso progetto, stabilito dai capi, avrei dovuto fare per la causa talebana. Insomma volevano che io mi arruolassi. E siccome, dissero, che non potevo rifiutare, finsi di condividere le loro idee ma chiesi qualche giorno di tempo per sistemare alcune cose per la famiglia.

Mi spiegarono che i capi intendevano addestrarmi come kamikaze per poi mandarmi a morire a Peshavar oppure a Kabul dove stavano preparando gli imminenti attentati.

Per evitare la fine che avrei dovuto fare se mi fossi arruolato, decisi di scappare. Era il mese di settembre dell’anno 2014 e, con un po’ di fortuna, riuscii ad attraversare il confine e passai in Afganistan. Da quel giorno in avanti la mia vita è stata una corsa continua fino a quando sono giunto qui a Raddusa dove, grazie a tutti gli operatori dello Sprar ed a tutta la cittadinanza raddusana che mi ha accolto con amore, ho ritrovato quella serenità che auspicavo.

In tutto il mio errare ho attraversato prima l’Iran e subito la Turchia, poi la Grecia, la Macedonia, la Serbia, l’Ungheria, l’Austria, la Germania. Dalla Germania sono tornato nuovamente in Austria, dove rimasi fino a quando non raggiunsi il confine con l’Italia che, grazie all’aiuto di un amico riuscii a passare. Entrato in Italia mi fermai, per quasi un mese, a Gorizia.

Quindi  mi trasferii nella città di Lucca dove trovai subito un lavoro che mi permise di ottenere l’asilo e l’ambito riconoscimento dello stato di protezione sussidiaria. Come richiedente asilo e come rifugiato fui assegnato al Centro di Prima Accoglienza di Caltagirone, gestito dalla Cooperativa San Francesco, che mi ha incluso tra i rifugiati ospiti dello Sprar di Raddusa.

Quì, sin dal primo momento, mi sono trovato davvero come a casa mia per cui non mi stanco di ringraziare la cittadinanza tutta che mi ha accolto molto bene e gli operatori dello Sprar che, con grande amore, dedicano le loro giornate a tutti noi rifugiati. Ed è per ringraziare la città, per la calorosa accoglienza riservatami, che ho deciso di dedicare una parte della mia giornata a pulire la piazzetta Vittorio Veneto e alcuni tratti della via Regina Margherita che è la strada principale del paese”.

“Sin da quando è arrivato a Raddusa – ha aggiunto la dott.ssa Gaetana Pagana - Javid, che in Pakistan ha lasciato la moglie e tre figli (un maschio e due femmine), si è messo in evidenza per la sua bontà e per la sua disponibilità e queste sue caratteristiche gli hanno permesso di integrarsi perfettamente con la popolazione raddusana che lo stima e lo rispetta. Personalmente penso che ad aiutarlo nella sua integrazione sia stata la forma di volontariato scelta. Il sogno di Javid è quello di potere, un giorno, magari non lontano, riunire la sua famiglia possibilmente magari in Italia, che lui già dice di amare come un suo concittadino per la calorosa accoglienza ricevuta. Questo è l’augurio che gli rivolge tutta la popolazione raddusana al quale si aggiunge quello di tutti i dirigenti e gli operatori dello Sprar di Raddusa e del C.P.A. di Caltagirone”.

Francesco Grassia