La storia dei 12 migranti ospiti a Raddusa

  • di Redazione Il Solidale
  • 30 set 2016
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La storia dei 12 migranti ospiti a Raddusa

Raddusa – Da oltre un anno nella città del grano vivono dodici immigrati, accolti dopo gli sbarchi avvenuti a Lampedusa, ad Augusta, a Pozzallo ed a Palermo, salvati dalle motovedette della Guardia Costiera che li aveva raccolti prima che potessero annegare in alto mare a causa dell’avaria dei gommoni che li stavano trasportando verso la Sicilia.

I nomi di tutti loro sono scritti nel registro dello S.P.R.A.R. (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) di Raddusa e in quello del C.P.A. (Centro di Prima Accoglienza) di Caltagirone che gestisce tutti gli Sprar del calatino. Ma, per noi italiani, i loro nomi sono quasi illeggibili e impronunciabili, anche se alcuni di essi suonano come una cetra con forti vibrazioni che sembrano richiamare dall’aldilà le frotte pietose dei loro antenati. Infatti, alcuni dei loro nomi, vogliono dire “vento”, altri stanno a significare la “forza”, il “coraggio” e altri ancora la “pazienza”, la “speranza”, la “rassegnazione”.

Nomi che ricordano la “ninfea azzurra”, una pianta che cresceva ai margini del fiume Nilo nei periodi dinastici e che aveva il potere di unire i vivi ai morti attraverso l’amore o che ricordano la “mandragora”, una pianta erotica e medicamentosa che faceva innamorare e curava l’amore. E tutti, siano di piante o di fortuna, sono nomi a cui è affidata la necessità di distinguere il giusto dall’ingiusto, il sacro dal profano, separando il bene dal male.

Eccoli i loro nomi che avrei voluto imparare a pronunciarli speditamente senza però esserci riuscito: Muhammad, Gueyn, Ibrahim, Adama, Lassana, Musa, Mamadou, Lamar, Omar, Mike, Javid e Bilal. Questi ragazzi non comprendono le mie difficoltà nell’imparare a pronunciare i loro nomi e rispondono con sorrisi che rompono la malinconia dei loro sguardi, consapevoli che essere bene identificati in una terra straniera ed essere riconosciuti come portatori di un destino.

E’ il primo passo per riverificare la loro esistenza nonostante i pericoli che hanno corso per raggiungere la “terra promessa”. Al contrario di quei migranti che in Sicilia arrivano dal Marocco dalla Siria, dall’Egitto, dalla Libia, dall’Eritrea, questi vengono dal Malì, dalla Nigeria, dalla Guinea Conakry, dal Gambia e dal Pakistan. Sono scappati dalla guerra e dalla fame ed a tutt’oggi non hanno ancora smaltito la sensazione di oscillare sul barcone che, nonostante le mille difficoltà, li ha sospinti verso la Sicilia.

Sono approdati nella nostra terra disorientati con addosso pochissimi indumenti coperti dal solo salvagente e con la pelle segnata dalla salsedine e dallo spaesamento. Quando vennero condotti presso il Centro di Accoglienza di Caltagirone non era facile capirli perché si esprimevano soltanto con i gesti. Solo qualcuno di loro tentava l’approccio masticando una lingua particolare che conteneva un misto di inglese, francese, portoghese.

Di italiano soltanto poche sillabe declinate con una fantasia coraggiosa e arrangiata come: ciao, amico, pace, grazie, fame, sete, pane e acqua. Cercavano comunque, dopo averla spuntata sulla morte, di crearsi un pò di spazio in questo nuovo mondo improvvisando un modo per convincere se stessi che, nonostante le mille difficoltà incontrate lungo il tragitto erano salvi ed ancora vivi. Giunti  Raddusa sono stati accolti con amore e, grazie all’impegno profuso dai responsabili e da tutti gli operatori dello Sprar, si sono integrati perfettamente nel tessuto sociale locale ed ora, che alcuni di loro hanno imparato a parlare bene il dialetto della città del grano contano parecchi amici con i quali condividono il tempo libero della loro giornata fatta di studio e di varie attività integrative.

Hanno studiato ed appreso le prime cognizioni della lingua italiana e di quella inglese ed hanno partecipato a svariate attività integrative sia nel sociale che nello sport. Infatti, con l’aiuto della loro coordinatrice dott.ssa Gaetana Pagana, e con l’appoggio dei massimi dirigenti del Centro di Prima Accoglienza di Caltagirone, i ragazzi hanno aderito con entusiasmo a diverse manifestazioni sociali, teatrali e sportive come: l’allestimento di varie mostre fotografiche all’interno dei locali dello Sprar, la partecipazione a diverse gare sportive a scopo benefico sia nel calcio che nella pallavolo, la realizzazione di una rappresentazione teatrale che li ha visti tra i principali protagonisti dello spettacolo da “Mille e una Notte” portato in scena al Teatro Mediterraneo di Caltagirone dove, dieci di loro, hanno recitato accanto ai noti attori professionisti Claudia Amendola e Santo Santonocito guidati in cabina di regia da Massimiliano Perrotta, accompagnati dalle musiche di Emanuele Senzacqua con la collaborazione artistica di Sara Nussberger, per festeggiare la conclusione del progetto “I Colori del Mondo” promosso dal Centro Calatino di Prima Accoglienza. Se oggi i giovani ospiti della Sprar di Raddusa hanno raggiunto un ottimo livello di integrazione, buona parte del merito va dato, senza alcuna ombra di dubbio, ai loro operatori Daniela Currao, Agata Maria Allegra, Patrizia Grasso, Giuseppe Paterniti e Gaetano Vitanza, ma anche all’assistente sociale Maria Grazia Caruso e, soprattutto, alla coordinatrice responsabile dott.ssa Gaetana Pagana che li ha guidati e continua a guidarli con la massima serietà e con abnegato impegno. Nella fotografia vediamo alcuni giovani ospiti dello Sprar con la loro Coordinatrice dott.ssa Gaetana Pagana e con alcuni operatori della struttura di Raddusa.

Francesco Grassia