Futuri ostacoli al CETA

  • di Redazione Il Solidale
  • 17 nov 2016
  • CRONACA

Futuri ostacoli al CETA

Il 30 ottobre il Canada e l'UE hanno ufficialmente firmato il CETA, in ritardo rispetto alla tabella di marcia prevista (v. "Bruxelles blocca Bruxelles"). L'iter per l'entrata in vigore del trattato è ancora lungo. La ratifica da parte del Parlamento canadese è certa. Quasi certa quella da parte del Parlamento europeo (il voto si terrà a febbraio), poiché i gruppi parlamentari che formano la maggioranza sono a favore.

 

Il Parlamento vallone ha ottenuto una concessione significativa: la Corte di giustizia europea dovrà pronunciarsi sulla compatibilità con il diritto europeo del sistema di arbitraggio commerciale (ICS, “Investment Court System”). La Corte è composta da funzionari non eletti cui criteri di valutazione sono puramente formali: ma se il suo parere fosse negativo il trattato non potrà entrare in vigore, nemmeno dopo la ratifica unanime da parte di tutti gli Stati dell’UE, e dovrà essere negoziato daccapo. La sentenza è prevista per il 2018.

In caso di ratifica da parte del Parlamento europeo, e di parere positivo da parte della Corte di giustizia europea, per entrare in vigore in via definitiva, il CETA dovrà essere ratificato all'unanimità dai 27 stati dell'UE, secondo le leggi nazionali; in totale si pronunceranno 38 parlamenti. In molti Stati, i cittadini hanno la possibilità di esprimersi per referendum: quasi certamente accadrà nei Paesi Bassi. Questa è la fase in cui l'opinione pubblica e la pressione esercitata dai cittadini sui propri eletti è determinante.

Il rifiuto del trattato da parte di uno Stato comporta la ricerca di un compromesso fra i negoziatori europei e i dirigenti dello stesso, come nel caso dell'opposizione vallone; l'esito dipenderà dalla compattezza e dal potere contrattuale dello Stato in questione. Se il "no" di uno Stato è definitivo, il trattato non entrerà in vigore.

Marco Amuso