Una casa per italiani e stranieri vulnerabili, l'integrazione che funziona

  • di Redazione Il Solidale
  • 29 nov 2016
  • SOCIALE

Una casa per italiani e stranieri vulnerabili, l'integrazione che funziona

Convivere per aiutarsi e sostenersi reciprocamente. E' l'obiettivo
che ogni giorno si porta avanti all'interno della comunità alloggio "Casa
Anch'io" di Palermo che accoglie 8 persone, italiani e stranieri beneficiari
del progetto Sprar. "Casa Anch'io" nasce nel 2008 come struttura
residenziale per persone con disabilità, ma dal 2014 ospita il progetto
dello Sprar per conto del comune di Palermo, la cui gestione è affidata alla
cooperativa sociale Badia Grande.

L'immobile di 200 mq che si trova nel cuore del centro storico cittadino a
pochi passi dalla cattedrale, è stato dato in comodato d'uso dalla Caritas
diocesana. Si tratta di un appartamento molto ampio e confortevole dove è
presente per tutte le persone accolte una stanza soggiorno dove si studia
l'italiano, si usano tv, computer e c'è la possibilità di ascoltare musica.
Poi c'è un'ampia cucina abitabile e cinque camere da letto da due posti
ciascuno quasi tutte con bagno. A gestire la comunità, oltre la psicologa
responsabile ci sono altri cinque operatori che effettuano i turni H24,
oltre a un mediatore culturale. In questo periodo è presente anche una
ragazza francese arrivata per il servizio di volontariato internazionale
europeo.
A "Casa Anch'io" convivono persone con condizioni di salute diverse, che
vanno dalla tetraparesi spastica alla sindrome di Down fino a depressione e
disturbi post traumatici da stress. "I posti sono pochi rispetto al
fabbisogno reale - spiega Nicoletta Cucuzza, psicologa responsabile di Casa
Anch'io -. La segnalazione ci arriva dall'ufficio centrale del ministero
dell'Interno che riceve le segnalazioni da comuni, prefetture o da
associazioni. Siamo costretti a respingere le segnalazioni di migranti con
psicosi perché non siamo una struttura competente. Ci orientiamo, invece,
per i casi di vulnerabilità come nevrosi e area borderline, depressioni,
diversi disturbi post traumatici da stress, isteria e situazioni fisiche di
salute particolari che hanno anche conseguenze psicologiche. Chiediamoci
però che cosa intendiamo oggi per vulnerabilità perché tutti i migranti, se
pensiamo a quello che hanno passato, sono in uno stato di forte fragilità
psico-sociale".
"La nostra, è sicuramente una realtà ibrida in cui tutti sono 'diversamente
diversi'. Si tratta di fragilità per le quali la convivenza non è sempre
facile - dice ancora Nicoletta Cucuzza - soprattutto quando devono imparare
a conoscersi. Sicuramente l'impegno non manca ma alla fine riescono a
condividere gli spazi comuni e ad interagire positivamente tra di loro in
una sorta di arricchimento reciproco. All'inizio si possono innescare anche
sottili dinamiche psicologiche fatte di gelosie e richieste di attenzioni
che, fortunatamente si risolvono con l'ascolto e il dialogo. Gli immigrati
imparano con il tempo a conoscere chi è più fragile di loro e questo li
aiuta a capire meglio anche le loro problematiche. Il senso di solidarietà,
il senso civico e la bellezza di prendersi cura dell'altro sono cose che,
con il tempo li arricchiscono".
"Per gli italiani questa è una casa a tutti gli effetti - continua ancora -
mentre per gli immigrati un luogo di passaggio, transitorio. Sono condizioni
di permanenza diverse e si deve cercare, in maniera più serena possibile, di
mantenere un equilibrio. L'obiettivo comune è quello di conseguire una buona
qualità della vita di tutti in un clima di condivisione che favorisca la
possibilità di sperimentare occasioni di integrazione personale e sociale".
"Ci sono momenti in cui si aiutano a vicenda - racconta ancora - in un clima
tutto familiare che può essere garantito solo proprio dai piccoli numeri. Il
sabato e domenica il migrante cucina insieme all'operatore un piatto del suo
Paese. Abbiamo fatto anche cene multietniche e in questo caso il cibo
diventa motivo di integrazione reciproca".
"La permanenza per gli immigrati è di sei mesi -. Si tratta di un periodo
spesso troppo breve perché non basta a risolvere, a volte, tutte le
incombenze burocratiche. I tempi degli uffici competenti (comune e questura
in primis) sono lunghissimi. Sono altrettanto lunghi i tempi per la
prenotazione di visite mediche. I ragazzi non riescono sempre a capire
questi ritardi e spesso se la prendono con noi. In alcuni casi per motivi
particolari possiamo prorogare la loro permanenza fino ad un anno e mezzo.
La parte più complessa è quella legata ai primi giorni di arrivo perché
all'inizio non si fidano. Insistiamo che inizino a frequentare subito la
scuola e le lezioni d'Italiano anche se molti di loro vorrebbero subito
lavorare per spedire i soldi alle loro famiglie. Cerchiamo, quando riusciamo
a regolarizzarli con i documenti, di fargli avere anche il tirocinio
formativo di lavoro di tre mesi e inoltre ci preoccupiamo di costruire una
rete che li accompagni per quanto possibile anche per il dopo Sprar".