Elezioni in Francia: i principali candidati
- di Redazione Il Solidale
- 11 apr 2017
Come in America, le elezioni presidenziali francesi sono un momento importante nella vita mediatica del paese. Primarie pilotate, convention spettacolose, slogan pubblicitari, gadget e merchandising Made in China, storytelling di scandali a confronto e un consumo smisurato di bandiere anche quelle d'importazione fanno da sfondo a monologhi scritti da esperti in comunicazione aziendale o scambi di offese reciproche camuffati in discorsi e dibattiti.
Il contesto politico delle elezioni presidenziali in Francia è bizzarro: essendo scontata la vittoria al primo turno della xenofoba Marine Le Pen, l'attenzione si concentra sul suo possibile rivale al ballottaggio, che quasi sicuramente sarà eletto presidente contro la "minaccia populista". L'esito del voto è molto incerto: i candidati sono 11; i sondaggi pubblicati, in contraddizione fra loro, non forniscono indicazioni attendibili; i francesi sono irrequieti o rassegnati. Hollande, unico presidente della Va Repubblica a non ricandidarsi, lascia un paese in stato d'emergenza giuridico e metaforico.
I candidati sostenuti dai maggiori partiti rappresentano varianti della continuità liberista e mondialista. Fra questi, Hamon, detto "il becchino", è il candidato del dato per defunto Partito Socialista. Si rivolge a chi il suo partito ancora non è riuscito a deludere: i giovanissimi. Infatti il suo programma si può riassumere in due punti: legalizzazione della cannabis e reddito universale. Misure palliative per trattare i sintomi di una gioventù avvilita in un'economia moribonda.
Fillon, anti-carismatico esponente della borghesia, si vede come la Thatcher francese. Anemica incarnazione di una destra senza idee, è sostenuto controvoglia da un fallito partito repubblicano (pallida imitazione di quello americano) che le banche, i creditori e lo stato mantengono in vita. Famoso per la sua mansuetudine, Fillon è sulla carta una garanzia per i grandi gruppi industriali. Può altresì contare sul voto cattolico. Ma una vicenda di nepotismo, di cui si è rammaricato senza però trarne le conseguenze, gli costerà un discreto numero di voti.
Candidato singolare Macron: una caricatura non già della politica, ma in politica. Il suo unico merito sembra quello di essere "giovane e dinamico", come gli impiegati illustrati nei dépliant aziendali. Si mormora che piaccia molto alle signore e nei circoli "LGBT". Dato per grande favorito dalla stessa stampa che ne promuove l'immagine da anni, questo ex dipendente della Banca Rotschild, galvanizzato dai suoi discorsi privi di senso, si comporta come un numero da cabaret davanti a folle di figuranti. Il suo probabilmente sarà il volto di un Partito Democratico omologo di quello americano, costituito dai resti del Partito Socialista, da vecchi centristi e liberali di destra, politici altrimenti senza futuro. Però in Francia non possono chiamarlo così, perché le iniziali "PD" si leggono come un termine ingiurioso nei confronti degli omosessuali.
Mélenchon, ex trotzkista e massone, si presenta come il campione della sinistra autentica, ex sinistra "estrema": in effetti non promette riforme in senso liberista, né austerità per esigenze di bilancio - pur sapendo che comunque sono imposte dall'UE. Oratore apprezzabile vista la concorrenza, in maniera curiosa attribuisce a Berlino tutte le colpe del declino francese - come un noto Cancelliere era solito attribuirle a Parigi. Non si capisce bene cosa farà una volta eletto, ma sembra uno che sa il fatto suo. Se andasse al ballottaggio contro Le Pen, potrebbe non ottenere abbastanza voti a destra per batterla.
Marco Amuso