Elezioni in Francia: ipotesi di "Frexit"

  • di Redazione Il Solidale
  • 13 apr 2017
  • CRONACA

Elezioni in Francia: ipotesi di "Frexit"

L'incognita delle elezioni presidenziali francesi porta il nome di François Asselineau, il candidato cui programma sta in una sola parola: Frexit. Da dieci anni questo ex funzionario di stato, colto e garbato, fa campagna per l'uscita della Francia dall'UE, dall'euro e dalla NATO. A lungo conosciuto solo dagli internauti, nell'ultimo mese è riuscito a ottenere una certa notorietà a livello nazionale, da quando gli è stato concesso di esprimersi in televisione e in radio. Si moltiplicano a vista d'occhio i consensi intorno al suo piccolo partito di scopo, un’unione temporanea di francesi di qualsiasi inclinazione politica che si riconoscono in un programma di "liberazione nazionale", ispirato da quello del Consiglio Nazionale della Resistenza. I francesi sono così, regolarmente si danno appuntamento con la Storia. 

Nelle sue conferenze sull'Unione Europea, Asselineau svela a mezzo di documenti ufficiali retroscena del progetto europeo di cui nessuno ci ha mai raccontato: la matrice reazionaria e razzista dell'idea di un'Europa unita, recuperata nel dopoguerra in chiave anti-comunista e anti-sovietica; il ruolo fondamentale degli americani e l'asservimento ai loro interessi economici e geo-politici; l'assetto necessariamente anti-democratico delle istituzioni europee. Queste analisi gli sono valse la scontata etichetta di complottista. Ma d'altro canto, Asselineau dimostra come, articoli dei trattati europei (che nessuno legge) in mano, i governi e i parlamenti nazionali siano diventati semplici esecutori di politiche decise a Bruxelles dalla Commissione Europea, che tramite le sue direttive impone privatizzazioni, liberalizzazioni, riforme delle istituzioni e del mercato del lavoro, ecc. né richieste né volute dai cittadini. E conclude che il progetto europeo è semplicemente contrario al buon senso: perché gli interessi dei 27 paesi dell'unione divergono gli uni dagli altri. 

Il tema dei rapporti con l'Unione Europea in Francia non è una novità: consapevoli di una crescente ostilità dei francesi nei confronti dell'UE, tutti i candidati alle elezioni presidenziali propongono in coro la ri-negoziazione dei trattati europei, la sinistra per un'Europa "più giusta" o "più ecologica" dei diritti, la destra per un'Europa "più sicura" o "più libera" dei popoli. Asselineau denuncia l'ipocrisia di queste posizioni, poiché i trattati europei possono essere modificati soltanto all'unanimità: ad esempio, il Lussemburgo, che vive di rendita, non consentirà mai a limitazioni dei movimenti di capitali; i paesi dell'est non consentiranno mai alla limitazione delle delocalizzazioni, e così via. 

L'uscita dall'UE per la Francia sarebbe una semplice formalità. L'art. 50 del Trattato sull'Unione Europea recita "ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall'Unione." Se Asselineau fosse eletto, non sarebbe nemmeno necessario un referendum. Diversamente dall'Italia, la Francia è in grado di negoziare l'uscita dall'euro e di sostenerne i costi. Va detto che la fine dell'euro è considerata imminente da un numero crescente di economisti: secondo Stiglitz, "chi ne esce prima, ne esce meglio". 

In caso di uscita della Francia dall'UE, sulla carta l'Italia ne prenderebbe il posto in quanto seconda per economia e demografia. Il bilancio dell'UE, che già subisce una perdita di ca. €7 miliardi annui per via del Brexit, subirebbe una perdita di altri €9 miliardi annui che sono i contributi netti francesi: cifra che i francesi potranno risparmiare ogni anno, e che il loro stato, fra l'altro non più vincolato dalla BCE, potrà investire sul proprio territorio. Con il ritorno ad un franco svalutato del 20% circa, la Francia diventerebbe molto competitiva rispetto ai paesi dell'euro-zona. In sostanza, cambierà molto per la Francia, quasi nulla per l'Italia.

Marco Amuso