Omaggio alla Catalogna
- di Redazione Il Solidale
- 25 ott 2017
George Orwell è soprattutto noto per due romanzi, "La fattoria degli animali" e "1984", quest'ultimo un capolavoro di anticipazione che dovrebbe far parte delle letture obbligatorie a scuola. "Omaggio alla Catalogna", che vede lo scrittore nella veste del giornalista impegnato in una causa morale, è il racconto della sua esperienza nella guerra civile spagnola. L'opera, da apprezzare per il suo valore autobiografico, storico e politico, è anche la cronaca di un'utopia mancata.
Antica potenza coloniale dilaniata fra nostalgia di glorie passate e desiderio ardente di rinnovo, la Spagna negli anni '30 è una repubblica contesa da fazioni reazionarie e progressiste. Alle derive autoritarie delle prime rispondono le seconde con minacce di rivoluzione. Nel 1936, un colpo di stato militare contro il "fronte popolare" eletto al governo scatena la guerra civile e rivoluzioni a livello locale. Per evitare il contagio le democrazie non intervengono; sicché accorrono in difesa della repubblica decine di migliaia di volontari in provenienza da una quarantina di Paesi.
Fra questi, Orwell sbarca a Barcellona dove i sindacati anarchici hanno collettivizzato le attività. Vede "cose meravigliose". Il suo primo incontro è con un italiano che lo commuove, con la sua "faccia di un uomo che per un amico avrebbe ucciso o sacrificato la propria vita". La città è nelle mani di uomini senza padroni che hanno abolito anche le tracce simboliche dell'asservimento, come le mance e le forme di cortesia. L'entusiasmo dev'essere stato palpabile, ma Orwell, inglese piuttosto rigido che si vuole cronista obiettivo, con le sue riflessioni riesce a trasmetterlo solo in parte. "Gli esseri umani cercavano di comportarsi come tali e non come ingranaggi nella macchina capitalista". Colpito dall’eroismo e dalla genuinità della gente comune - anche se deplora la tendenza degli spagnoli a non fare oggi quello che possono fare domani - Orwell riconosce "immediatamente nella situazione uno stato di cose per il quale valeva la pena battersi".
Ma per farlo in maniera efficace, servono mezzi negati al popolo dal governo centrale, che in cambio degli aiuti lascia dettare all'Unione Sovietica la linea politica. Orwell assiste con sgomento al sabotaggio della rivoluzione da parte dei comunisti che stalinizzano ciò che resta della repubblica spagnola, reprimendo tutte le organizzazioni non allineate con Mosca, in particolare gli anarchici catalani, che rappresentano il rischioso precedente di una rivoluzione spontanea portata a compimento. La disillusione avvilisce Orwell più degli orrori della guerra: e l'impostura di chi parla in nome del popolo per asservirlo sarà il tema centrale - e d’attualità - di "1984".
Marco Amuso