Il mercato della gastronomia francese
- di Redazione Il Solidale
- 8 gen 2018
La gastronomia francese è fra le più ricche in Europa, per varietà d'ingredienti, tecniche di preparazione e complessità dei sapori. Ma il turista che si siede a pranzo in un caffè qualsiasi di Parigi è quasi certo di pagare tanto per mangiare male. Il 70% dei ristoranti francesi convenzionali sono senza dirlo fast-food o quasi che somministrano piatti surgelati o sottovuoto già pronti per l'uso. Qualche ristoratore ammette l'imbroglio in quanto adeguamento necessario per sopravvivere alla concorrenza. E sostiene che, tutto sommato, il prodotto industriale è qualitativamente valido: per convincere i professionisti del settore l'industria agroalimentare incarica cuochi di fama mondiale, alcuni dei quali hanno appeso il grembiule al chiodo per fare i consulenti e i promotori. Fatalisti o opportunisti, questi cuochi che hanno smesso di cucinare si sono di fatto trasformati in fautori dell'inautenticità.
Per la maggior parte dei ristoratori e dei loro fornitori, acqua in bocca. La migliore scuola culinaria del mondo deve salvare le apparenze. Quelli presi in castagna non incorrono in sanzioni: la legge francese diversamente da quella italiana non prevede l'obbligo di segnalare al cliente la presenza nel menù di prodotti surgelati, che per vendere come genuini basta condire ad esempio con una foglia di prezzemolo. La carenza normativa non è da poco: in assenza di limitazioni e prescrizioni, agli imprenditori della ristorazione per massimizzare l'utile conviene sistematicamente proporre menù molto corposi di piatti pronti, così da risparmiare sul personale, sulla mano d'opera e sul magazzino. Il mercato prospera in assenza di regole, vale l'opposto per i mestieri.
Per effetto dell'ingerenza delle lobby agroalimentari, la legislazione francese tutela il primato piuttosto che il prodotto e il consumo piuttosto che il consumatore. Pare comunque che la clientela - a parte i buongustai per passione o per professione - non sia in grado di distinguere il piatto pronto da quello genuino senza termini di paragone. Ridotti per necessità o per convenienza ad agenti commerciali dell'industria agroalimentare, i ristoratori tendono a lucrare sull'ignoranza dei sapori. I nostri gusti sono infatti condizionati dalla presenza nella nostra dieta di alimenti alterati dai processi industriali: abituati agli aromi snaturati delle materie prime derivanti dalle colture e dagli allevamenti intensivi, a quelli asettici dei cibi surgelati, a quelli insipidi della frutta e verdura di serra, a quelli sintetici degli additivi alimentari, abbiamo sviluppato una insospettabile tolleranza per i sapori inautentici.