Volontariato, le cinque parole per affrontare le sfide del 2018

  • di Redazione Il Solidale
  • 31 gen 2018
  • SOCIALE

Volontariato, le cinque parole per affrontare le sfide del 2018

Per il volontariato italiano, il 2018 non sarà un anno come tanti. C’è una riforma del terzo settore da mettere in pratica nei vari settori su cui interviene, un nuovo assetto per i Centri di servizio per il volontariato disposto dalla stessa riforma, ma c’è anche un rinnovato protagonismo nelle politiche territoriali con il coinvolgimento nella pianificazione degli interventi contro la povertà oppure nei percorsi di alternanza scuola lavoro. Ad affrontare le sfide di questi 12 mesi ci sarà un volontariato in crescita, come confermano gli ultimi dati forniti dall’Istat nel suo censimento del non profit, e ancora nel mezzo di un’importante fase evolutiva che vede i volontari a volte prendere le distanze dalle forme di adesione di venti o trent’anni fa, ma ancora oggi spinti dalla forza propulsiva della solidarietà. Un contesto in cui, secondo Stefano Tabò, presidente della rete nazionale dei Centri di servizio per il volontariato Csvnet, il volontariato dovrà misurarsi nel 2018 con cinque parole che “devono caratterizzare i protagonisti del mondo del volontariato e del terzo settore e chi lavora per la formazione di questo mondo, quindi anche i centri di servizio”. 

 

Coraggio. Per affrontare il cambiamento chiesto dalla riforma, per Tabò, serve prima di tutto questo: “il coraggio da parte dei protagonisti del volontariato e del terzo settore” a fronte di una riforma che “che guarda al nostro mondo in termini complessivi, aprendo delle prospettive operative e di riconoscibilità importanti”. Un coraggio utile per superare le “rassicuranti” prassi e logiche dal passato, “non per abbandonare una tradizione, ma per farla evolvere all’interno di un contesto diverso”, spiega Tabò. Coraggio che deve tradursi anche in una “forte disponibilità a trovare sinergie comuni - aggiunge Tabò -. Essere protagonisti non solo con la propria sigla, ma anche come insieme capace di darsi delle priorità, una strategia e di presentarsi di fronte alle istituzioni in termini coesi”.

Trasparenza. Altro impegno che deve caratterizzare il volontariato nel 2018, per Tabò, è quello della trasparenza. “Una dimensione che non presuppone l’idea che ci sia qualcosa si occulto o inconfessabile - chiarisce -. Significa sposare la chiarezza delle informazioni, dei propri bilanci da rendere accessibili. Sono i presupposti della valutazione, altro tema che il codice del terzo settore porta con sé. Senza chiarezza e trasparenza è impossibile valutare”. Per il presidente di Csvnet, infatti, la seconda parola chiave per il 2018 include il tema della “reputazione del terzo settore che torna d’attualità”, aggiunge. “La riforma dà un’occasione per fare dei salti di qualità notevoli - spiega Tabò -. Credo che dobbiamo pretenderli dalle istituzioni e dall’altra parte dobbiamo fare di tutto per predisporci a fare del nostro: i centri di servizio sono interpellati in quanto enti di terzi settore, ma anche nella loro funzione di supporto e di sostegno nei confronti degli altri soggetti del terzo settore”. 

Continuità. Per Tabò è un aspetto fondamentale per il volontariato. Anche se negli ultimi tempi il suo carattere “episodico” sembra aver cambiato ricetta, tra gli ingredienti di base c’è proprio la continuità. “Se il terzo settore oggi è qui e ha acquisito riconoscimenti e posizioni - spiega Tabò -, è perché il movimento del volontariato e in generale delle persone impegnate nel terzo settore trovano nella continuità una coerenza di fondo”. Per Tabò, siamo in una fase in cui “si stanno impostando quelli che saranno i contesti operativi ma anche culturali dei prossimi decenni - spiega -. In questo senso, mentre dobbiamo guardare in termini dinamici all’espressione della partecipazione che talvolta ha caratteristiche molto diverse rispetto al passato, il valore della continuità deve essere fortemente preso in considerazione. È quello che cementa le relazioni organizzative, ma è anche quello che esprime al meglio l’affidabilità del nostro sistema nei confronti della società. Una continuità che possiamo osservare sia in termini operativi, ma anche di scelte, di riconoscibilità e dell’impegno personale”. 

Partecipazione. Una parola chiave che per il presidente di Csvnet “non è mai obsoleta” è partecipazione. Un termine che rappresenta anche un “presupposto irrinunciabile della sfera istituzionale”, ma che oggi deve essere anche difesa. “La cosa che deve preoccuparci di più - spiega Tabò - è che oggi c’è uno spazio troppo ampio per chi nel nostro paese arriva a pensare che la democrazia non sia in fin dei conti un elemento imprescindibile”. Partecipazione anche come “antidoto” a quella lontananza percepita tra cittadini e istituzioni. “Il sentirsi parte significa in qualche modo esprimere una fiducia che sia generativa e che abbia obiettivi condivisi con gli altri - spiega Tabò -. Una dimensione su cui il volontariato può dire molto in termini pedagogici e in questo senso i Csv hanno la responsabilità di promuovere questa dimensione. Non dimentichiamoci che il terzo settore è ampio e consistente, ma parliamo sempre di una minoranza della nostra popolazione”. 

Relazione. I cinque hashtag scelti da Tabò per il 2018 si chiudono con un collante indispensabile non solo per l’azione del volontariato, ma per l’intera comunità. “È una parola che viene dalla tradizione del nostro mondo - spiega Tabò -. Tutto quello che precede questo termine può essere orientato in maniera diversa, se non è ancorato a una relazione fatta di prossimità tra persone e con i contesti. La relazione ti costringe non solo a guardare, ma ad osservare cosa accade intorno a te”. 

Coraggio, trasparenza, continuità, partecipazione e relazione, quindi. Cinque parole che, a dispetto delle apparenze, non sono poi così “astratte” come si potrebbe pensare, spiega Tabò, ma suggeriscono azioni e obiettivi “concreti” e che rappresentano ancora oggi un filo rosso da seguire per i Centri di servizio per il volontariato. Cinque concetti che parlano anche ai giovani, aggiunge Tabò, che sono “attratti dalla concretezza che nasce dalla relazione, da una continuità non come giudizio morale, ma come prospettiva, e da una trasparenza pretesa più che in passato”. Giovani di cui il mondo del volontariato ha bisogno non solo come nuove leve, ma soprattutto per “far affermare una nuova classe dirigente del volontariato”, spiega Tabò. Un rinnovamento che deve riguardare anche i Centri di servizio per il volontariato. “I centri sono chiamati a rivedere la propria organizzazione sulla base della riforma e mi auguro che fra qualche anno la maggior parte dei presidenti dei centri di servizio siano anche persone nuove. Tra questi - conclude Tabò - mi auguro di vedere anche molti giovani”.