Calatino - "area estrema": ma esistono estremi rimedi?
- di Redazione Il Solidale
- 17 giu 2018
La “Questione meridionale sembra acqua passata” da quanto emerge in un recente studio degli economisti J. Rosès e N. Wolf il primo docente alla London School of Economics, il secondo alla Humboldt University di Berlino. Dalla ricerca dei due accademici infatti emerge un’ analisi del modello economico dei paesi a capitalismo avanzato fondato non più sull’industria e la “produzione” ma sull’economia della “conoscenza”.
Le differenze economiche e sociali, tra il Nord ed il Sud Italia, seppur permanenti ed in crescita secondo i più autorevoli e recenti rapporti dell’ISTAT si aggiungono ad un contesto globale in cui sembra ritornare la contrapposizione medievale tra “città e contado”.
Pertanto, a cosa sono dovute queste nuove disuguaglianze socio economiche ? Una valida risposta possiamo trovarla nel saggio dell’economista francese T. Piketty “il Capitale del XXI secolo” in cui si evince che il processo di deindustrializzazione iniziato nella seconda metà degli anni ottanta nei paesi sviluppati ha delocalizzato la “produzione” verso altri luoghi fisici e sviluppato un nuovo modello economico fondato sulla “conoscenza”. Quindi, si è innescato un processo di separazione tra “produzione” e “conoscenza” per cui i territori e gli attori che hanno riconvertito il proprio modello economico sulla “conoscenza” sono diventati sempre più ricchi aumentando il proprio reddito a scapito di quei territori e quegli attori le cui fortune erano fondate sull’economia della produzione che non c’è più ed il cui reddito e benessere si sono ridotti.
L’Italia, tra i paesi più industrializzati al mondo, sembra essere uno dei paesi più colpiti sia per le disuguaglianze socio economiche già presenti ed emerse nel corso del 900 tra il Nord ed il Sud del paese sia a causa dei presupposti su cui il nuovo sistema economico globalizzato si fonda.
Pertanto, nel 2018, secondo lo studio di cui sopra, le nuove “contrapposizioni” socio economiche e “geografiche” nel nostro paese di basano anche sulle c.d “Aree Metropolitane”, in cui si concentrano i livelli più alti di reddito e l’economia della “conoscenza” fondata sui servizi con popolazione in forte crescita, le “Aree Estreme” cioè zone ormai economicamente marginali con forte diminuzione della popolazione e la quasi ormai assenza di un’ economia dei servizi e infine le “Aree Interne” ossia zone di transizione prima fondate sull’economia della produzione in cui la popolazione inizia a diminuire e l’economia rischia e fatica a riconvertirsi.
Il fenomeno di “estremizzazione” di alcune aree non riguarda più solo il Sud Italia ma anche aree del ricco Nord e la Lombardia in cui i redditi diminuiscono a scapito delle aree metropolitane limitrofe dove i livelli di benessere economico sono in crescita.
Quali sono i rischi per l’intero sistema sociale ed economico del paese? Senz’altro la crescita delle disuguaglianze di reddito e territoriali in cui si contrapporranno aree “metropolitane sempre più ricche e popolate” ad aree “estreme” sempre più povere e desolate. Inoltre, la destrutturazione e la morte dei c.d distretti industriali su cui si basa l’ anima di gran parte del nostro sistema industriale nonché, l’abbandono dell’agricoltura come fonte di reddito nelle aree estreme.
Il Calatino Sud Simeto, area geografica a Sud della provincia di Catania, ed i suoi 15 comuni vengono ormai collocati e definiti dalla ricerca come area “Estrema”, cioè area in lento e costante declino demografico e dell’economia dei servizi. Il Dato in fondo sembra corroborato anche dai nostri recenti studi (C.E.S.T.A) sulla popolazione e sui giovani del nostro territorio.
Siamo quindi condannati alla scomparsa ed al declino ineluttabile difronte al questo nuovo modello economico? Non proprio. La mancanza di una programmazione economica e strategica centrale da parte del Governo non potrà senz’altro aiutare le “aree estreme” come il nostro territorio e ci danneggia, tuttavia è necessario e fondamentale iniziare a sviluppare una strategia e visione comune che riporti l’attenzione delle istituzioni verso i territori come il nostro, affinchè non si disperda l’incommensurabile patrimonio culturale, naturalistico e professionale accumulato nel tempo.
Senz’altro bisogna valorizzare quei “settori” che hanno caratterizzato l’economia nella storia del nostro territorio, ossia l’agricoltura e l’artigianato ed avviare un processo di “modernizzazione” del settore incentivando anche il completamento della filiera produttiva e commerciale, affinchè si possa sviluppare anche un economia della “conoscenza” legata ad essi attraendo nuovamente “servizi” anche innovativi e necessari una volta innescata la crescita del settore.
Centro Studi C.E.S.T.A
Il Coordinatore Scientifico
Dott. Giuseppe Biazzo