XIII CONGRESSO MCL: “FORTI DELLA NOSTRA IDENTITA’, ATTRAVERSO IL LAVORO, COSTRUTTORI DI SPERANZA IN ITALIA E IN EUROPA”

  • di Redazione Il Solidale
  • 26 gen 2019
  • CRONACA

XIII CONGRESSO MCL: “FORTI DELLA NOSTRA IDENTITA’, ATTRAVERSO IL LAVORO, COSTRUTTORI DI SPERANZA IN ITALIA E IN EUROPA”

Si è aperto a Roma dal 25 al 27 gennaio 2019, l’assise del Movimento cristiano lavoratori con Santoro, Conte, Tajani, Twal, Durigon, e Costalli: «Abbiamo parlato di lavoro e di Europa».

Diritto al lavoro, sviluppo economico e infrastrutturale. E ancora: le prossime sfide dell’Europa e l’impegno del popolarismo europeo. Sono questi alcuni dei temi che sono stati affrontati a Roma, al XIII Congresso Nazionale del Movimento Cristiano Lavoratori (MCL), dal titolo “Forti della nostra identità, attraverso il lavoro, costruttori di speranza in Italia e in Europa”. 
L’appuntamento quest’anno è stato centrato sul tema del lavoro declinato in chiave non solo nazionale ma anche europea e i cui lavori si sono conclusi domenica 27, dove si sono preannunciati particolarmente significativi non solo per l’attualità dei temi trattati, ma anche nel delineare le linee future dell’impegno MCL, oltre che per la presenza di autorevoli rappresentanti del mondo politico, civile ed ecclesiastico. Inoltre, all'assise, è intervenuto Paolo Ragusa, componente dell'esecutivo nazionale di ALS - MCL. Ha presentato la mozione dal titolo "Quel cimitero chiamato Mediterraneo".

"Con questo documento - ha detto Paolo Ragusa - è stato proposto al movimento nazionale di assumere una posizione di condanna della latitanza e della indifferenza delle istituzioni italiane ed europee di fronte alla immane tragedia dei morti in mare. Critiche sono state rivolte anche al "decreto sicurezza" che ha ridotto in Italia i diritti dei migranti e ne ha aumentato il disagio e la emarginazione sociale, rendendo paradossalmente piu' insicure le nostre citta'. Con la mozione si chiede all'Europa di istituire una cabina di coordinamento per attivare un sistema di distribuzione dei migranti pro - quota con tutti i Paesi disponibili. Non vogliamo essere vittime di quella "globalizzazione dell'indifferenza" che Papa Francesco ebbe modo di denunciare nel suo viaggio a Lampedusa".

L’assise si è proposto non solo di delineare le prospettive future dell’organizzazione, ma anche di portare riflessioni originali nel dibattito pubblico, con la prolusione di monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e Presidente della Commissione per i Problemi Sociali e il Lavoro della Cei e successivamente la relazione del presidente Mcl Carlo Costalli, poi, il saluto agli oltre 700 delegati dei vertici nazionali e continentali: il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e Antonio Tajani, presidente del Parlamento Europeo.

Giuseppe Conte, ha rivendicato “l’azione profondamente riformatrice di questo governo che, come ho detto a Davos, ha dato democratica rappresentanza alle istanze di chi è rimasto ai margini, a chi chiede cambiamenti profondi”, riferendosi alle due misure-simbolo del Reddito di Cittadinanza e “quota cento”, che vanno “in direzione opposta alle politiche di rigore e di contrazione dei diritti”.

Sui corpi intermedi - come ha sottolineato il presidente Carlo Costalli: "A volte per essere davvero presenti alle sfide del proprio tempo tocca essere incontemporanei». Lo stesso così spiega il senso del titolo del Congresso: «Non si può non partire dall’identità per costruire un autentico protagonismo e una speranza fondata, radicata e praticabile. Il lavoro, poi, rimane il grande spazio in cui l’uomo attua la propria vocazione creativa. Non a caso, guardando al sempre maggior attivismo delle organizzazioni datoriali e dei lavoratori nel denunciare i limiti di visione dell’attuale governo, ho utilizzato l’espressione “civismo dei produttori”: c’è una dimensione politica del lavoro che non sta tanto nella rivendicazione di diritti quanto nella presa di coscienza di come esso sia strumento che dinamizza la società, evitandole una fin troppo scontata condanna al rancore e alla paura. Infine, l’ideale europeo che per noi è “non negoziabile”: ciò non significa un’arroccata difesa dello status quo, anzi… C’è più di qualcosa da cambiare in quest’Europa, ma lo si può fare solo dall’interno. I corpi intermedi, assumendo una prospettiva e una dimensione continentale, nel nostro caso rivitalizzando la tradizione europopolare, possono innescare dei processi di autentico cambiamento».

Redazione