SI ATTENDE IL DECRETO SULL'AGRICOLTURA SOCIALE. TUTTE LE NOVITÀ
- di Redazione Il Solidale
- 14 lug 2019
- LAVORO
Si è in attesa della pubblicazione sul sito del Ministero dell’Agricoltura il decreto che definisce i requisiti minimi e le modalità previste all’articolo 2, comma 1, della legge 141/2015 sull’agricoltura sociale. Il Decreto prevede che possono essere riconosciute come soggetti che erogano servizi di agricoltura sociale le aziende agricole in forma singola o associata e le cooperative sociali il cui reddito da attività agricola superi il 30 per cento del totale. Il decreto consentirà a tante realtà molto diversificate, dopo una attesa di quattro anni dalla legge, di avere un punto di riferimento per le proprie attività in ambito sociale. Nell’ambito dell’azienda multifunzionale, l'agricoltura ha riscoperto da alcuni anni l’antico e prestigioso ruolo di attività sociale, promuovendo servizi alla persona, interazioni con piante ed animali, contatti con spazi e ritmi diversi da quelli ordinari. Le attività sono molto diversificate e rientrano nell’ottica aziendale della multifunzionalità agricola. Le attività riguardano il recupero della dipendenza da droga e alcool, l’ortoterapia, l’ippoterapia e altre attività con disabili fisici e psichici di diversa gravità, ma ci sono realtà che seguono il reinserimento sociale e lavorativo di persone emarginate (minori a rischio, disoccupati di lunga durata, ecc.), oppure che puntano allo sviluppo di un’attività agricola, volta al miglioramento del benessere e della socialità (agriasilo, orti per gli anziani, ecc.). L’Unione Europea ha canalizzato alcune iniziative politico-finanziarie per favorire la rinascita di queste attività. Si tratta di un mix d’idee costituite da pratiche agricole a basso impatto ambientale e con metodo biologico o integrato, attività sociali e sociosanitarie, percorsi terapeutici, riabilitativi, di cura, d’inserimento sociale e lavorativo delle fasce di popolazione svantaggiate e a rischio di marginalizzazione. Ciò rispecchia un più ampio bisogno di politiche di welfare su cui l’Unione Europea insiste per una rivalutazione del settore primario. Attività che devono essere svolte in cooperazione con i servizi socio-sanitari e gli enti pubblici competenti del territorio, con attività lavorative meno meccanizzate, in grado di accogliere più facilmente nuove persone in azienda. Allo stesso tempo, questa maggiore capacità di includere persone favorisce un innalzamento delle attenzioni nei confronti di pratiche che hanno un maggiore contenuto in termini di risorse collettive (la cura del paesaggio, la gestione della biodiversità, diserbo delle aree ortive, ecc.), pratiche agricole che permettono di svolgere attività all’aperto, in maniera socializzante, recuperando il “senso del tempo”. Giuridicamente, l’agricoltura sociale è intesa come quell’attività svolta dagli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 del codice civile in collaborazione con i soggetti di cui all’art.1, comma 5 della legge 8 novembre 2000, n. 328, qualora integrino nell’attività agricola, in modo sostanziale, continuativo e qualificante, la fornitura di servizi rivolti all’inclusione sociale, al reinserimento lavorativo, all’assistenza e alla riabilitazione delle persone in condizioni di disagio, come definite dal regolamento (CE) n. 800/2008. Rientrano in tale definizione anche le attività agricole esercitate negli istituti penitenziari. Da qualunque lato la si guardi, la funzione sociale assume delle connotazioni di welfare e di rete solidale. La recente normativa nazionale, approvata il 5/8/2015, introduce la definizione di agricoltura sociale. In questo ambito rientrano pure le attività che prevedono: l’inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e lavoratori svantaggiati, persone svantaggiate e minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione sociale; prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali attraverso l’uso di risorse materiali e immateriali dell’agricoltura; prestazioni e servizi terapeutici anche attraverso l’ausilio di animali e la coltiva- zione delle piante; iniziative di educazione ambientale e alimentare, salvaguardia della biodiversità animale, anche attraverso l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche. Le regioni, nell’ambito dei Piani di Sviluppo Rurale, possono promuovere specifici programmi per la multifunzionalità delle imprese agricole, con particolare riguardo alle pratiche di progettazione integrata territoriale e allo sviluppo dell’agricoltura sociale. Inoltre, le istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche e ospedaliere possono inserire come criteri di priorità per l’assegnazione delle gare di fornitura la provenienza dei prodotti agro-alimentari da operatori di agricoltura sociale. I comuni prevedono specifiche misure di valorizzazione dei prodotti provenienti dall’agricoltura sociale nel commercio su aree pubbliche; gli enti pubblici territoriali prevedono criteri di priorità per favorire lo sviluppo delle attività di agricoltura sociale nell’ambito delle procedure di alienazione e locazione dei terreni pubblici agricoli; gli enti pubblici territoriali possono dare in concessione, a titolo gratuito, anche agli operatori dell’agricoltura sociale i beni immobili confiscati alla criminalità organizzata. Perarltro, con la nuova normativa è stato istituito l’Osservatorio sull’agricoltura sociale, nominato con decreto del MIPAAF, un organismo deputato a definire le linee guida in materia di agricoltura sociale, che assume funzioni di monitoraggio finalizzate al coordinamento delle iniziative con le politiche rurali e la comunicazione.