"MI CHIAMO MARIS E VENGO DAL MARE" DEBUTTA OGGI IN SICILIA, A PALAGONIA. UNA STORIA VERA. MELANIA MANZONI HA CURATO IL PROGETTO DRAMMATURGICO E CHIARALUCE FIORITO LO HA SCRITTO E LO INTERPRETA.
- di Redazione Il Solidale
- 18 lug 2019
- CULTURA
“Mi chiamo Maris e vengo dal Mare” è il titolo dello spettacolo finalista nella rassegna “Vuoti d’aria”, la vetrina di arte contemporanea svoltasi a San Benedetto del Tronto e che adesso debutterà in Sicilia, a Palagonia, giovedì 18 luglio 2019, alle ore 21, presso la Basilica Paleocristiana di San Giovanni. L'evento è promosso da “Teatri di Pietra”, la rete culturale per la valorizzazione dei teatri antichi e del patrimonio monumentale attraverso lo spettacolo dal vivo che, sotto la direzione del Maestro Aurelio Gatti, ha portato il teatro in alcuni dei siti archeologici più belli di Sicilia. Tratto da una storia vera, lo spettacolo "Mi chiamo Maris e vengo dal Mare" è stato scritto, diretto e interpretato da Chiaraluce Fiorito (nella foto di David Moreno) che ha privilegiato una scrittura teatrale che si adattasse alla messinscena.
Il progetto drammaturgico che unisce una parte di studio con la consultazione di interviste, video, film e testimonianze è stata interamente curata da Melania Manzoni la quale spiega che “il progetto nasce e si sviluppa digitalmente, perché io e Chiaraluce siamo dislocate in due parti d’Italia diverse... Per quanto riguarda la scrittura, in particolare abbiamo sviluppato molti dei passaggi cruciali della storia riflettendo su cosa… anche scenicamente… potesse essere rappresentato”.
Ma su chi è Maris e qual è la sua storia? ci risponde la Manzoni: “Maris non è un personaggio di fantasia e la sua storia non è una fiction. Maris è una migrante che, come tante altre, arriva in Sicilia per mare e che ha in grembo il frutto di una violenza. Maris scopre il sentimento di una maternità conflittuale, fatta di slanci di amore viscerale ma anche di profondo dissidio interiore. Dal nucleo potente della vera storia della protagonista, parte la drammaturgia. Ma rassicuriamo lo spettatore che questa storia non è un reportage o una cronaca giornalistica. È semplicemente una storia “simbolo” che ha in sé molti elementi archetipici: la guerra, la migrazione, il rapporto con il genos, la famiglia di origine e poi la figlia. E la sua 'catarsi' finale annuncia una nuova rinascita per la figlia”.
Qual è il messaggio che volete consegnare allo spettatore? “Il monologo vuole fare domande scomode, lanciare provocazioni e invita lo spettatore a mettersi nei panni dell'altro, l'immigrato, lo straniero. Vorremmo che per quasi sessanta minuti lo spettatore sospendesse il proprio punto di vista, per incontrare Maris… Insomma, –conclude Melania Manzoni- questa è una storia come tante. Una storia che i nostri figli non leggeranno mai sui libri di storia, ma è altrettanto importante raccontarla per far uscire questi e molti altri fatti dal silenzio della Storia”.