S.P.R.A.R. di Raddusa: festeggiati i primi cinque anni di attività della struttura
- di Redazione Il Solidale
- 31 ott 2019
- SOCIALE
RADDUSA – Il 28 ottobre scorso i dirigenti, gli operatori e tutti i migranti ospiti dello Sprar di Raddusa hanno festeggiato i primi cinque anni di attività della struttura. Sono passati appena cinque anni ma sembra già un secolo che nella città del grano vivono i giovani immigrati di colore che sono stati bene accolti dalla popolazione raddusana dopo gli sbarchi avvenuti a Lampedusa, a Pozzallo ed a Palermo, salvati dalle motovedette della Guardia Costiera che li aveva raccolti prima che potessero annegare in alto mare a causa dell’avaria dei gommoni che li stavano trasportando verso la Sicilia. Nei cinque anni di attività sono tantissimi i giovani migranti i cui nomi sono stati iscritti nel registro dello S.P.R.A.R. (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) di Raddusa e in quello del C.P.A. (Centro di Prima Accoglienza) della città di Caltagirone che, tramite la Cooperativa San Francesco, gestisce tutti gli Sprar del calatino. Oggi i ragazzi migranti ospiti dello Sprar di Raddusa sono poco meno di una ventina; vivono tutti i giorni a stretto contatto con i cittadini raddusani e sono consapevoli di essere stati bene accettati da un paese straniero che ha riconosciuto il loro diritto di esistere dopo i grossi pericoli che hanno corso per raggiungere la “terra promessa”. Al contrario di quei migranti che in Sicilia sono arrivati dal Marocco dalla Siria, dall’Egitto, dalla Libia e dall’Eritrea, i ragazzi ospiti dello Sprar di Raddusa sono invece arrivati dal Malì, dalla Nigeria, dalla Guinea, dal Gambia e dal Pakistan. Sono scappati dalla fame, dalla miseria e dalla guerra, e tutti sono approdati nella nostra terra spaesati e disorientati. Quando vennero condotti a Caltagirone presso il Centro di Prima Accoglienza non era facile capirli perché si esprimevano solo con i gesti. Alcuni di loro tentavano l’approccio masticando una lingua particolare che conteneva un misto di inglese, francese e portoghese. Della lingua italiana conoscevano solo poche sillabe declinate con una fantasia coraggiosa e arrangiata come: ciao, amico, pace, grazie, fame, sete, pane e acqua. Tutti quelli giunti a Raddusa, dopo avere vinto la loro battaglia contro la morte, sono riusciti a crearsi il loro spazio comportandosi nel migliore dei modi. A Raddusa sono stati accolti bene e, grazie all’impegno profuso dagli operatori responsabili dello Sprar, si sono integrati perfettamente nel tessuto sociale locale. Alcuni di loro poi hanno imparato a parlare bene anche il dialetto raddusano e contano parecchi amici con i quali condividono il tempo libero della loro giornata fatta di studio e di varie attività integrative. Hanno studiato ed appreso le principali cognizioni della lingua italiana e di quella inglese ed hanno partecipato a svariate attività integrative sia nel sociale che nello sport. Ora, dopo cinque anni, si può ben dire che lo Sprar di Raddusa ha raggiunto tutti gli obiettivi. Grazie all’ottimo livello di organizzazione diversi ospiti partecipato alla svariate attività svolte. Alcuni hanno preso la patente di guida ed hanno trovato lavoro: 4 di essi sono diventati mediatori culturali, 3 frequentano la scuola superiore (dopo avere conseguito la licenza media) e molti altri frequentano la scuola media presso la sede di Ramacca della Cpia di Catania. Per tutto questo, buona parte del merito va dato, senza alcuna ombra di dubbio, alle due coordinatrici responsabili Gaetana Pagana e Nunziella Lingenti ed a tutti gli altri operatori che, nel corso dei cinque anni, si sono alternati al servizio della struttura stessa. Nella foto gli attuali ospiti dello Sprar di Raddusa, con i loro responsabili e gli operatori in festa per i cinque anni di attività della struttura.
Francesco Grassia