Lettera aperta del Vescovo di Caltagirone: “Cose da fare in tempo di Covid-19 e anche dopo”

  • di Redazione Il Solidale
  • 8 mar 2020
  • OPINIONI

Lettera aperta del Vescovo di Caltagirone: “Cose da fare in tempo di Covid-19 e anche dopo”

Cari Amici, purtroppo siamo ancora in tempo di coronavirus, anzi le ultime disposizioni sono ancora più pesanti, siamo tutti sulla stessa barca, sulla stessa terra, e, ovunque siamo nel mondo, un po’ tutti in quarantena. Ritrovandoci a vivere questo tempo strano, ho pensato di rivolgermi a voi con questo messaggio. Sono delle riflessioni che, non potendo condividere di presenza, per le ragioni che conosciamo, affido a questa scrittura. All’improvviso ci siamo svegliati tutti e contemporaneamente come da un sogno e, traumaticamente, abbiamo trovato il mondo diverso. Da un giorno all’altro le abitudini e i comportamenti più quotidiani ci sono stati sconsigliati o vietati. Ritrovandoci tutti dentro una serie di divieti, e con del tempo in mano, ho pensato di intrattenermi con voi sulle tante cose che, invece, anche o soprattutto in tempo di coronavirus, si possono continuare a fare, intensificare o riscoprire. Quello che da qualche mese viviamo è uno shock, un tempo ed una situazione che per tanti aspetti oltre a penalizzarci fuori, socialmente, economicamente e nelle relazioni, ci fa paura e ci paralizza dentro. Se lo vogliamo, però, questa sospensione che non sappiamo quanto durerà, può diventare, un’opportunità, un’occasione preziosa, una dura e bella lezione da conservare. Non solo per ora, ma per sempre: una lezione da non dimenticare più. Non solo per qualcuno, per un gruppo, per un popolo, ma per tutti e in tutto il mondo...  Ci eravamo illusi che era un pericolo lontano da noi, perché era apparso in Cina. Solo per un po’ ci siamo sentiti al sicuro, graziati o indenni, ma così non è stato. In ottanta giorni il virus ha già fatto il giro del mondo e non si è stancato di correre, ingrossando le fila del suo funesto corteo di contagiati e di morti. Il coronavirus, come abbiamo visto, ha spazzato via i nostri schemi, si irride delle nostre barriere sanitarie, dei nostri confini, delle nostre interminabili distinzioni. Al di là delle nostre sterili polemiche, da nord a sud, da oriente ad occidente, ricchi e poveri, bianchi e neri, siamo tutti potenzialmente e realmente alla sua mercé. Il virus ci tratta tutti, senza distinzione alcuna, per quello che siamo, ci riconosce semplicemente come uomini... Ci ha fatto capire che se ci dispiace che i nostri connazionali vengono respinti, non è neppure bello quando lo facciamo noi con gli altri. In questa situazione di emergenza siamo continuamente martellati da una raffica di divieti che ci vengono suggeriti o imposti da chi sta in alto in alto, nella stanza dei bottoni, o anche vicino a noi, nella porta accanto... Questo piccolo invisibile mostro, che di regale ha solo il nome, ci tiene tutti in scacco, ci fa sentire impotenti. Viviamo una situazione generale e generalizzata, reale e surreale insieme, che non immaginavamo e per la quale non siamo né preparati né pronti. Per contrastarlo ci atteniamo alle indicazioni che ci vengono fornite ed aggiornate in continuazione. Divieti, limitazioni, restrizioni nei musei, nei cinema, negli stadi, nei supermercati, a scuola, in casa e anche in chiesa. Quando addirittura certi luoghi di incontro non sono stati chiusi, negli altri si fa espresso divieto di avvicinarsi, di toccarsi, di darsi la mano, di abbracciarsi, di baciarsi. Nelle chiese, quelle che sono rimaste aperte, non ci si segna più con l’acqua benedetta, non ci si scambia la pace e per tutto il resto si rimane, comunque, a distanza di sicurezza... Siamo contagiati in numero crescente e potenzialmente tutti contagiabili senza eccezione. Per questo tutti, senza eccezioni, dobbiamo fare con serietà il massimo sforzo per arginarlo, per rispettare noi stessi e gli altri, specialmente i più fragili, accogliendo di buon animo tutte le rinunce o le privazioni che saranno necessarie. Ogni cosa dobbiamo viverla come il più grande e concreto gesto di amore che possiamo fare all’altro. Facciamolo sapendo da cristiani che anche questo accorgimento, come ci ha detto Gesù, lo facciamo a lui... È vero che non possiamo salutarci toccandoci, ma possiamo riscoprire meglio il valore del saluto, la vicinanza del cuore e non delle mani, l’affetto sincero o l’amore al posto delle abitudini. Insomma, se vogliamo possiamo riscoprire e verificare il contenuto delle cose che facciamo sempre, e che magari facciamo con superficialità o senza apprezzarne il valore. Non è cosa da poco tornare a pensare e a riflettere sui nostri comportamenti di sempre: sarebbe bello rivalutare lo stare in casa, in famiglia, il saluto, la preziosità di un gesto, l’intenzione che ci avvicina. Insomma, se vogliamo questa situazione ci può spingere ad apprezzare le cose scontate, che scontate non sono mai o non lo devono essere; ci può aiutare a rendere ogni cosa quella che è e deve essere, a farla brillare di nuovo... In questa prospettiva, proprio in questo tempo di divieti, voglio offrire a noi tre suggerimenti, tre cose che possiamo fare anche contagiandole, anzi invitandoci a contagiare gli altri. Lo so che l’elenco potrebbe essere tanto più lungo e tanto diverso, ma incominciamo almeno da queste: 1. Leggere, 2. Scrivere, 3. Pregare. Leggere per tornare a ringraziare, scrivere per ritornare a pensare, pregare per ritornare a vivere. Chi scrive pensa sempre, e pensa anche a dei potenziali lettori... Se, poi, il libro che leggiamo ci aiuta ad essere più umani, la nostra gratitudine deve essere più grande e più convinta. In un contesto culturale in cui non abbiamo più tempo per leggere e i libri sono in disuso, l’occasione di dovere stare più a lungo in casa ci può aiutare a riscoprire l’importanza della lettura e della gratitudine. Se vogliamo fare un ulteriore passo in avanti, possiamo ritornare ad impugnare la penna o a martellare su una tastiera. Possiamo ritornare a scrivere, e per farlo dobbiamo ritornare a fermarci, a pensare e a riflettere. Non abbiamo avuto tempo e voglia per farlo? Ora, volenti o nolenti, abbiamo tempo, e se non abbiamo voglia, dobbiamo farcela venire. Se ci rimettiamo a scrivere, ci accorgeremo quanto è salutare per noi e quanto sia un buon antidoto per sconfiggere il coronavirus, fosse solo perché non ce ne stiamo in giro. Soprattutto ci aiuterebbe a sconfiggere la paura e la depressione che non ci fanno vivere. Scrivere ci costringe a pensare con la nostra testa, a pensare a noi, a pensare anche agli altri, spesso ignorati o trascurati dalla banalità dei nostri comportamenti. Non riceveremo il premio Nobel per la letteratura, ma sicuramente tanta umanità in più. Ritorniamo anche a pregare con il cuore più che con le labbra e le parole. Facciamolo come in questo tempo di quaresima siamo invitati a farlo. Riscopriamo l’interiorità, quella nostra, la stanza segreta del proprio cuore, che proprio per questo dovremmo frequentare, chiudendo la porta e ritrovandoci non solo con il nostro io, ma soprattutto con il nostro Dio. Possiamo stare semplicemente in casa, o possiamo scegliere anche di aprire porte che da tempo abbiamo trascurato. La preghiera ci porta contemporaneamente dentro di noi e dentro di Dio, e con questo doppio movimento ci porta dentro anche gli altri. In una esperienza come quella che stiamo vivendo, in cui tocchiamo tutta la nostra impotenza, il nostro limite, la caducità che ha la nostra vita, non abbiamo bisogno di ricette consolatorie, abbiamo bisogno di Dio, della sua Parola, abbiamo bisogno di speranza e di salvezza non solo dal coronavirus, ma nel e per il coronavirus. Abbiamo bisogno di non sentirci soli e di sentire che qualcuno, e solo Dio può farlo, ci assicuri che comunque sarà accanto a noi, come e anche diversamente da come possono fare le persone che ci vogliono bene... Dio non ci sta castigando con il virus, non per questo Dio non c’entra, perché sicuramente vuole che capiamo, che ci interroghiamo, che siamo più uomini e credenti... Ognuno, attingendo anche alle risorse che non sa di avere, e che nelle emergenze riaffiorano, incominci a confezionare tutti i tipi di anticorpi contro il nostro coronavirus. Attrezziamoci per picconare e sgretolare la sua infinitesima grandezza, anzi piccolezza che, però, ci tiene tutti in pugno ed in più soggiogati al suo strapotere anche mediatico. Ne parlano, ne parliamo tutti e in tutto il mondo, ogni giorno, tutto il giorno e tutti i giorni. Non c’è da scherzare, perché la sua forza è la paura della morte che evoca, che porta e che produce... Noi vogliamo contrastarlo con la forza della vita, dell’intelligenza, della scienza, della fede e della fiducia che abbiamo in Dio nostro Padre, ringraziando tutti coloro che si prodigano per combatterlo e sconfiggerlo, per aiutare i contagiati a farlo e i sani a difendersi. Lo vogliamo affrontare pure con la nostra dignità di creature, di uomini deboli e forti, contingenti ed eterni, fragili ed immortali. Se questa consapevolezza, come capita ai viandanti della storia, come capita a noi, qualche volta e in qualche tempo e situazione l’abbiamo persa, perché l’uomo nella prosperità non comprende, ora anche a causa del coronavirus la vogliamo recuperare e mettere in campo. Buon combattimento a tutti, con la schiena dritta e la testa alta, per contemplare da uomini e da credenti che la nostra liberazione è, comunque, sempre vicina. A tutti voi, soprattutto in questo tempo, la mia vicinanza e il mio incoraggiamento.

Caltagirone, 08 marzo 2020                                 + Calogero Peri (Vescovo di Caltagirone)