Ad Aidone c'è "casa du masser", il museo dell’antica civiltà contadina di un raddusano
- di Redazione Il Solidale
- 18 mar 2020
- CULTURA
RADDUSA – Tutti noi sogniamo sempre viaggi in luoghi molto lontani e mai visti, che abbiamo conosciuto soltanto attraverso la televisione oppure attraverso le riviste turistiche. Così cerchiamo di esplorare culture ed ambienti lontani da noi senza conoscere appieno le nostre culture e le affascinanti bellezze del nostro ambiente. Non siamo per nulla avvezzi ad osservare, ammirare e valorizzare tutto il bello che ci circonda, ma ci limitiamo a “guardare” altri lidi senza lasciarci per niente incuriosire dalle nostre origini e dalle incantevoli bellezze dei nostri luoghi. A tale proposito ricordiamo un’importante consiglio lasciatoci dal noto scrittore e filosofo francese Rogèr Garaudy (17 luglio 1913/13 giugno 2012) che così recita: “non usate la cenere per sotterrare il passato, ma usatela per riaccendere il futuro” perché, aggiungiamo noi, “la memoria storica è la base essenziale sulla quale ogni popolo può costruire il proprio futuro e la propria identità”. Perciò “è importante recuperare e conservare le tracce che ci sono state tramandate dai nostri antenati”. Tutto questo, e forse pure qualcos’altro, avrà pensato il giovane Vittorio Lingenti, cittadino raddusano di origine aidonese, quando, su consiglio del presidente dell’Associazione culturale di Aidone “I Custodi della Terra” Sebastiano Lo Monaco, decise di riportare alla luce i numerosi reperti, da troppi anni rinchiusi nella casa avuta in eredità dal bisnonno materno Lorenzo Pittà, vissuto nella città di Aidone (En) a cavallo tra l’800 e il ‘900, consistenti nelle attrezzature di lavoro agricolo e negli arredi posti all’interno della stessa casa, e renderli fruibili ai visitatori esponendoli in un vero e proprio museo al quale ha, opportunamente dato, l’appropriato nome di “casa du masser”. Ecco, la casa che per noi è un “museo dell’antica civiltà contadina”, ha sede proprio nel quartiere aidonese che insiste attorno alla ex Chiesa di San Vincenzo Ferreri, che un tempo fu dedicata a San Domenico, e si affaccia sullo splendido panorama che dalle propaggini occidentali dei Monti Erèi sui quali la città è adagiata, digrada a valle verso la piana di Catania, dominata dalla maestosità dell’Etna, dando, nei giorni in cui non c’è nebbia, la possibilità di intravedere in prossimità le cittadine di Raddusa e di Castel di Iudica che, dall’alto, vigilano sulla mastodontica diga “Don Luigi Sturzo” sita in contrada “Ogliastro” che raccoglie 110 milioni di mq di acqua per dare ristoro agli agrumeti sottostanti”. La “casa du masser”, al tempo in cui fu realizzata, era la casa in cui abitava il massaro (contadino) aidonese Lorenzo Pittà (1848-1935) bisnonno materno del giovane raddusano Vittorio Lingenti che, da qualche anno, ne è entrato in possesso per eredità. Vista l’importanza dei numerosi reperti storici presenti nella casa il giovane Vittorio e l’Associazione “I Custodi della Terra” hanno pensato bene di metterli gratuitamente a disposizione di tutti coloro che desiderano recuperare le tracce del proprio passato. Il museo si cui parliamo è composto da ben nove stanze dentro le quali sono esposti tutti gli oggetti catalogati e regolarmente etichettati. La casa è composta da un piano terra e un primo piano collegati tra loro da una impervia scala interna con scalini disarmonici realizzati in pietra arenaria. Nel piano terra vi sono, con i relativi reperti del tempo messi in buona evidenza: la stalla per gli animali, la stanza da letto con accanto due rudimentali recipienti, in gergo detti “cannizzi” perché realizzati con la canna di juta di curcuro sapientemente intrecciata dalle abili mani degli artigiani del tempo, dentro i quali veniva depositato il grano raccolto dopo un anno di fatica; il deposito per la attrezzature di lavoro; il forno a pietra con accanto la cucina rudimentale e poi la cantina. Nel primo piano invece vi sono esposte nelle stesse condizioni del tempo, la stanza da pranzo e una cucina, di gran lusso dell’800, realizzata in muratura con materiale refrattario e rivestita con piastrelle di ceramica bianca. Si tratta di una cucina che ancora oggi conserva le proprie condizioni originali. Si nota il suo piano di cottura costituito da una piastra in ghisa con un foro centrale che veniva chiuso con degli appropriati cerchi concentrici di varie dimensioni che permettevano l’inserimento delle pentole dalla base diametralmente diversa. Nella parte frontale si trova il crogiolo, dentro il quale bruciava la legna, che, a scelta, poteva essere chiuso mediante un apposito sportello anch’esso di ghisa. La cenere si depositava automaticamente nell’alloggio posto appena sotto il crogiolo. Poi ci sono le altre stanze dove sono disposti in bella evidenza tutti gli arredi utili del tempo, come la spettacolare “vasca da bagno” con piedistalli in cemento risalente alla seconda metà dell’800; la cosiddetta “buffetta”, un tavolinetto che al tempo veniva utilizzato per lo spuntino; la tipica “conca” con lo “scaldino”, attrezzi utili per il riscaldamento della casa; la classica “pilozza” dove veniva lavata la biancheria; e poi giù l’immancabile forno a pietra, utilizzato per la cottura del pane preventivamente impastato con la farina del grano duro prodotto nei terreni della masseria. E poi non poteva mancare la libreria, esposta in una delle stanze più in vista, dove appaiono in grande evidenza i numerosi libri e le riviste utilizzate dalla famiglia Pittà la cui cultura rese orgogliosi i cittadini aidonesi. Nella fotografia l’antica cucina in materiale refrattario rivestita di mattonelle bianche e la stanza da letto con accanto i “cannizzi” ripieni di grano. Francesco Grassia