Mariapina Di Giacomo e "Gli adolescenti in quarantena: la paura dell’isolamento sociale"

  • di Redazione Il Solidale
  • 11 apr 2020
  • OPINIONI

Mariapina Di Giacomo e "Gli adolescenti in quarantena: la paura dell’isolamento sociale"

Negli ultimi tempi si parla spesso di un nuovo fenomeno, in crescita anche in Italia, il fenomeno sociale in questione è quello degli Hikikomori, termine giapponese che significa letteralmente “stare in disparte”. Questo termine  viene coniato, per la prima volta, circa quarant’anni  fa e sta ad indicare tutte quelle persone che, in maniera del tutto volontaria, decidono di isolarsi dal resto del mondo e quindi da una vita sociale, ritrovandosi a vivere solo tra le mura di casa se non addirittura ritirato all’interno dalla propria stanza. In queste ultime settimane, per via dell’emergenza COVID-19, siamo purtroppo costretti a non poter uscire dalle nostre case e quindi a vivere una situazione, sia sociale che relazionale, che ricorda molto il fenomeno dei “ritirati sociali volontari”. Chiaramente, mentre nel primo caso la scelta di isolarsi è evidentemente una scelta di vita, nel nostro caso è un obbligo, per tutelare la nostra salute e quella degli altri, che non solo ci impedisce di relazionarci fisicamente con l’esterno ma che ci mette spesso a confronto con la nostra solitudine. Un’attenzione va soprattutto fatta verso i giovani che stanno vivendo la quarantena in due tendenze opposte. Da una parte abbiamo quei ragazzi che, dovendo restare in casa propria, si sentono protetti e finalmente hanno la sensazione di essere uguali ai loro coetanei. Dall’altra parte invece si trovano tutti quei giovani che, con grande fatica e sacrifici, erano riusciti ad intraprendere relazioni sociali ed oggi si ritrovano a ripartire da zero. Purtroppo vi sono diversi fattori che influiscono e aiutano il fenomeno del ritiro e dell’isolamento, tra i più importanti “la paura” e “la famiglia”. In questo momento la paura è davvero molto diffusa tra di noi. Si teme di perdere principalmente i propri cari, ma soprattutto negli adolescenti vi è il terrore di perdere le relazioni costruite sino ad oggi a causa della distanza. Quindi la paura è un emozione dominante. Mentre, come già detto, il secondo elemento che può determinare e aiutare il fenomeno del ritiro è per l'appunto la famiglia. Generalmente le famiglie sono un sistema iperprotettivo dove principalmente si tende ad anticipare richieste e bisogni dei propri figli. Si cerca in ogni modo di evitargli insoddisfazioni, frustrazioni e soprattutto delusioni. Quindi proviamo per un attimo ad immaginare in questo periodo come stiano vivendo i giovani, restando ogni giorno ininterrottamente a contatto con la propria famiglia, credo che non sia altro che un grossissimo impedimento e intralcio all’autonomia del proprio figlio. Cerchiamo di capire insieme quale possa essere il sistema, la modalità da seguire per non fargli perdere le relazioni sociali in un momento così particolare nella vita  soprattutto di un adolescente. Sicuramente l’arma che ci aiuta a colmare il vuoto e la solitudine delle distanze è la tecnologia.  Possiamo finalmente sperimentare un uso positivo di chat e social. Ma più di ogni altra cosa lo strumento più rilevante è la video chiamata, attraverso di essa  stabiliamo conversazioni , nonostante la mediazione di uno schermo, fatte sia di domande, di risposte ma più di ogni altra cosa ricca di emozioni, grazie al contatto visivo abbiamo una lettura del linguaggio non verbale e  tramite l’ascolto la percezione delle tonalità della voce. Esistono perfino svariate app che i ragazzi possono utilizzare per ritrovarsi e comunicare con i propri coetanei. Quindi, nonostante una dolorosa e doverosa distanza dovuta alla salvaguardia di tutti noi, si può essere comunque vicini grazie alla moderna tecnologia ma va comunque ricordato che non bisogna abusare. Quindi, stabilito che è importante assecondare e favorire i rapporti  virtuali,  bisogna però fissare delle regole familiari che aiutino a non creare dipendenza ad esempio da “notifica”, cioè quel meccanismo per cui il guardare il cellulare non è mai abbastanza, che vada ad amplificare e quindi ad enfatizzare il legame affettivo che si ha con gli amici. Bisogna quindi cercare di trovare il giusto equilibrio che ci permetta di non correre il rischio della dipendenza e che i rapporti non si fossilizzino in relazioni solo virtuali anche dopo il lungo periodo di quarantena. Ciò può accadere soprattutto in quei soggetti che già prima di segregarsi in casa non avevano una stabilità emotiva e nei rapporti relazionali. Pertanto fondamentale è stabilire dei limiti in modo che l’uso non diventi un abuso, ad esempio utilizzarli solo in determinate fasce orarie e mai nei momenti di studio o momenti di relazione con i familiari, né tantomeno  durante il pranzo o la cena. L’augurio è di uscire presto da questa emergenza più forti ma soprattutto con meno paure e con più consapevolezze.   Mariapina Di Giacomo