25 aprile 2020, Festa della Liberazione. Le riflessioni di Mariapina Di Giacomo
- di Redazione Il Solidale
- 25 apr 2020
- OPINIONI
CALTAGIRONE - Giorni fa, dopo interminabili settimane, finalmente ho avuto la possibilità di uscire fuori di casa. Inizialmente è stato magico rivedere le strade della propria città e godere della sua bellezza ma poi mi sono resa conto che, se all’inizio poteva sembrarmi straordinario ammirarla nell’assoluta solitudine, era assurdo non poterla condividere con gli altri, quando invece sarebbe la normalità! Il silenzio in una assurda atmosfera primaverile, le strade circondate da fiori e erba spontanea, le aiuole incolte, nessuna macchina in circolazione se non le pattugli di carabinieri e polizia, nessuna persona in giro, nessuno. Se mi avessero detto tempo fa, che avremmo vissuto una situazione così surreale dovuta ad un virus, che avrebbe invaso l’intero pianeta decimando la popolazione ovviamente non gli avrei creduto. Eppure la stiamo vivendo come in un film di Stanley Kubrick, forse si può definire come una nuova guerra, una guerra futuristica. Vorrei tanto che in questo preciso istante ci fosse mio padre al mio fianco, un uomo che la guerra sapeva bene cosa era, perché lui purtroppo da bambino l’aveva vissuta. Ricordo tantissimi dei suoi racconti ma proprio oggi mi viene in mente quella del suo 25 aprile. Nonno alla fine era partito e purtroppo o per fortuna venne deportato dagli inglesi in Inghilterra per ben 7 lunghissimi anni. Meno fortuna ebbe il suo giovane cognato che, appena compiuti 18 anni, venne spedito in Russia e lì morì poco dopo il suo arrivo. Nonna Lucia fu distrutta da questo accaduto, ma la sua forza erano il piccolo Francesco e la speranza che il suo Giovanni un giorno sarebbe tornato da loro. E finalmente venne il 25 aprile del 1945. Fu una grande festa, finalmente la guerra era finita! Ma per mio padre non lo era ancora, il suo papà doveva tornare, solo allora sarebbe veramente finita. Da quel giorno iniziò una lunga attesa ma poi finalmente accade il miracolo. Un uomo per strada grido a mia nonna che si trovava al balcone che Giovanni era tornato, lo aveva visto per strada. Felice e nello stesso tempo sconvolta dalla bellissima notizia, nonna Lucia salì e scese le scale mentre si acconciava i capelli come una folle, era confusa, non sapeva che fare. Giovanni, il suo Giovanni era tornato. Ma Francesco sapeva bene cosa fare, scappò via di corsa in cerca di suo papà. Fu così che Francesco non ancora un uomo, ma non più bambino, corse in contro ad un uomo in divisa che, nonostante la gli anni di prigionia, aveva l’aria forte e fiera del padre che ricordava. Quell’abbraccio finalmente lo rese libero, quel giorno per mio padre e per tutta la sua famiglia fu il loro 25 aprile. E bene il mio augurio e di tutta la redazione del “Il Solidale” è che, non appena sconfiggeremo questo nemico invisibile ma tanto spietato, si possa ritornare all’abbraccio che tutti noi tanto desideriamo, che sia di un familiare o di un amico caro, come facevamo un tempo senza capirne l’importanza nella sua semplicità. Quel giorno saremo finalmente e nuovamente liberi. Sarà il nostro nuovo 25 aprile. Buona festa a tutti noi. Mariapina Di Giacomo (docente a Caltagirone di Lingua italiana per i migranti, impegnata in campo sociale e umanitario).