Lettera aperta della nipote di un partigiano morto per la libertà...

  • di Redazione Il Solidale
  • 25 apr 2020
  • OPINIONI

Lettera aperta della nipote di un partigiano morto per la libertà...

PALAGONIA - Sono la nipote di un partigiano morto per gli ideali in cui credeva in un’Italia ancora oggi nostro malgrado spaccata tra nord e sud, a causa di molti ingiustificati pregiudizi… Un’Italia dove ancora oggi, si fa i conti con qualche “letterato” che ci definisce esseri inferiori! Il fratello di mio nonno morì a soli 27 anni, il 26 maggio del 1944, fucilato dopo essere stato catturato durante la resistenza  partigiana, fucilato dai nazifascisti! Per molti solo un numero, Salvatore Piticchio originario di Palagonia (CT), ma per la famiglia, per quella madre che lo perdeva per sempre e per quei fratelli e sorelle che lasciava, un vuoto incolmabile… Una ferità che non si sarebbe mai più rimarginata, una vita spazzata via che ha spezzato e colpito per sempre la vita di tutti i suoi cari. Niente sarebbe stato più come prima, nessuna felicità sarebbe mai stata felicità piena, nessuna gioia sarebbe stata estasi, nessun sorriso sarebbe stato puro e trasparente, ma sempre e per sempre coperto da un velo di tristezza. Mio zio come tanti altri giovani sono divenuti agnelli sacrificati per gli interessi di pochi, perché questo fa qualunque guerra, l’interesse di pochi sulla pelle di molti… Tuttavia, in giorni come questo l’orgoglio di essere la nipote di un partigiano prende il sopravvento sulla tristezza. Questo è un giorno di speranza e di auspicio. IL 25 aprile è ogni giorno in cui sappiamo essere donne e uomini liberi e pensanti, capaci di alzare la testa  e di contrastare sul nascere eventuali azioni subdole di dittatura ed ogni altra forma di sottomissione. Oggi da avvocata, nonostante l’indole e la formazione classica mi spingano ad alzare la testa e ad affermare la mia opinione tante volte, tante altre per mancanza di coraggio mi trovo a non lottare abbastanza per le mie idee e a finire per far parte di un sistema che troppo spesso non condivido. Ancor di più oggi,in un tempo così difficile ed inimmaginabile per il nostro millennio, ci ritroviamo non solo a dover contrastare questo virus, un nemico quasi sconosciuto alla scienza e alla medicina, che ci ha costretti a cambiare radicalmente le nostre abitudini di vita, ma si rischia anche di violare molti di quei principi costituzionali per la cui affermazione e salvaguardia tanti hanno dato la vita. All’avvicinarsi della data di riapertura delle attività dei Tribunali non posso sottrarmi dal rendere qualche riflessione in merito alla una nuova ipotesi prospettata di trattazione dei processi ai fini di  contrastare il rischio di diffusione del contagio, il così detto “processo da divano”… Dietro questa simpatica espressione che incontra probabilmente il sorriso di molti non addetti al settore, si celano delle presunte importanti violazioni costituzionali. Si profilano, invero, le violazioni ai principi tutelati dal “giusto processo di cui all’art. 111 della costituzione”. Tale dettato costituzionale prevede che la formazione della prova utilizzabile ai fini della decisione deve essere assunta nel pieno del contraddittorio delle parti, alla presenza del Giudice, del P.m. e del difensore dell’imputato, parti necessarie nel processo, requisiti fondamentali per la regolare celebrazione di quest’ultimo…Questa nuova e sperimentale forma di celebrazione del processo penale di certo rischia di comprimere molte delle garanzie finora attuate, ledendo non solo la “sacralità del principio di oralità ed immediatezza” del processo penale, ma espone anche al reale rischio di un importante restringimento della tutela del diritto alla difesa come costituzionalmente garantito e previsto. O almeno queste sono le riflessioni ed i timori di un’umile addetta ai lavori.. Con i migliori auspici.   Angela Maria Piticchio (avvocatessa, impegnata in campo umanitario e sociale)