La Camera ha approvato legge sulla cittadinanza
- di Redazione Il Solidale
- 15 ott 2015
- SOCIALE
Roma. Dopo 23 anni d'attesa la svolta: la Camera ha approvato la legge che riforma i requisiti per la cittadinanza italiana, in particolare per i figli di persone immigrate. "Ho votato a favore del provvedimento, in dissenso dal gruppo di Forza Italia, perché sono convinta che sia arrivato il momento che l'Italia, attraverso il Parlamento, mostri il suo volto migliore a chi è fuori dall'aula e in particolare ai bambini”. Sono le parole di Renata Polverini, deputata del centrodestra, il simbolo più efficace di quanto accaduto questa mattina in aula.
Un testo importante, che ora andrà al vaglio del Senato per il nulla osta definitivo prima di diventare legge dello Stato e che, a giochi fatti, porterà all’Italia almeno 250mila nuovi cittadini che già parlano, pensano e vivono la quotidianità italiana da decenni, alcuni fin dalla nascita, le seconde generazioni. Si parla di ius soli temperato, “anzi temperatissimo, dati i paletti che sono stati messi negli ultimi mesi di discussione per trovare l’accordo tra i partiti, paletti che di fatto restringono la platea degli aventi diritto”, aveva chiarito poco tempo fa a Vita.it Antonio Russo, responsabile immigrazione delle Acli, ente partner della campagna della società civile L’Italia sono anch’io, “ma l’importante è che si cancelli l’immobilismo durato più due decenni su un tema fondamentale per l’evoluzione della società attuale”.
La proposta di legge è passata alla Camera con 310 favorevoli (maggioranza a 189), 66 contrari e 83 astenuti. I contenuti principali li elenca in modo esauriente il portare StranieriinItalia.it:
I bambini nati in Italia saranno italiani per nascita solo se almeno uno dei genitori ha il permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo (cittadini extraUe) o il “diritto di soggiorno permanente” (cittadini Ue). Altrimenti, come gli altri bambini non nati in Italia, ma arrivati qui entro i dodici anni, dovranno prima frequentare uno o più cicli scolastici per almeno 5 anni e, se si tratta delle elementari, concluderle positivamente. Per l’acquisto della cittadinanza servirà una dichiarazione di volontà presentata in Comune da un genitore entro il compimento della maggiore età del figlio, altrimenti questo potrà presentarla tra i 18 e i 20 anni.
Diverse le regole per i ragazzi arrivati in Italia entro i 18 anni di età. Potranno diventare italiani dopo sei anni di residenza regolare e dopo aver frequentato e concluso un ciclo scolastico o un percorso di istruzione e formazione professionale. In questo caso, però, non si tratterà di un diritto acquisito, ma di una “concessione”, soggetta quindi a una certa discrezionalità da parte dello Stato.
C’è anche una norma transitoria per chi ha superato i 20 anni, ma intanto ha maturato i requisiti previsti dalla nuova legge. Potranno infatti diventare italiani i nati in Italia o arrivati qui quando avevano meno di dodici anni, se hanno frequentato in Italia per almeno cinque anni uno o più cicli scolastici e hanno risieduto "legalmente e ininterrottamente negli ultimi cinque anni nel territorio nazionale". Chi rientra nella norma transitoria avrà solo un anno di tempo dall' entrata in vigore della riforma per presentare in Comune la dichiarazione di volontà e diventare italiano. Dovrà poi però aspettare che entro sei mesi il ministero dell’Interno dia il via libera, dopo aver verificato che a suo carico in passato non ci siano stati dinieghi di cittadinanza, espulsioni o allontanamenti per motivi di sicurezza della Repubblica.
"Il via libera allo ius soli temperato e allo ius culturae è un passo importante per il nostro Paese che supera finalmente la visione restrittiva di accoglienza ed amplia i margini per il riconoscimento del diritto di cittadinanza per chi è nato o cresciuto nel nostro Paese", sottolinea Pietro Barbieri, Portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore. "Una svolta dal punto di vista culturale che ci pone finalmente allo stesso livello di civiltà degli altri paesi europei. Restiamo ora in attesa di uno stesso esito positivo in Senato".
A chiosare la necessità di tale provvedimento, chiesto a gran voce già molti anni fa da gran parte dell’associazionismo e di vaste schiere sociali, possono essere ancora le parole di Polverini in aula dopo il voto: “Credo che se siamo convinti delle nostre tradizioni, della nostra cultura, di tutto quello che nel tempo e col sacrificio di tanti è diventato ‘Italia’, dovremmo essere quantomeno orgogliosi di offrire questa ‘identità’ a chi ce la chiede, condividendo il destino di essere venuto al mondo nel nostro Paese contribuendo al suo progresso economico, sociale e civile". (www.vita.it)