La psicologa Lidia Caruso consiglia alle donne di "non restare intrappolate in relazioni tossiche"
- di Redazione Il Solidale
- 25 nov 2020
- OPINIONI
MINEO - In occasione della "Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne", volta a ricordare le donne vittime di violenza ma soprattutto a prevenire e dunque a “salvare” ulteriori potenziali vittime, ripropongo brevemente il tema delle relazioni tossiche con l’auspicio di fornire dei campanelli d’allarme a tutte quelle persone che attualmente vivono una tale condizione e che dunque sono in tempo per richiedere aiuto e per dare una svolta alla loro vita. La relazione sentimentale nasce da un’intenzione condivisa basata sul desiderio di sviluppare tale relazione. La relazione è quindi e un dialogo continuo, con la quale si cerca di ottenere la comprensione reciproca, un terreno condiviso e un rispetto reciproco al fine di consolidare il rapporto nel corso del tempo. Quando le relazioni non sono basate sulla reciprocità si parla invece di relazioni disfunzionali, conflittuali. Scrive Robin Noorwood in Donne che amano troppo: “Quando essere innamorate significa soffrire, stiamo amando troppo. Quando nella maggior parte delle nostre conversazioni con le amiche intime parliamo di lui, dei suoi problemi, di quello che pensa, dei suoi sentimenti, stiamo amando troppo . Quando giustifichiamo i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza o li consideriamo conseguenze di una infanzia infelice e cerchiamo di diventare la sua terapista, stiamo amando troppo. Quando non ci piacciono il suo carattere, il suo modo di pensare e il suo comportamento, ma ci adattiamo pensando che se noi saremo abbastanza attraenti e affettuose lui vorrà cambiare per amor nostro, stiamo amando troppo. Quando la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo e forse anche la nostra salute e la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo”. In poche righe possiamo comprendere come ricadere nella trappola di una relazione tossica non è così insolito e come talvolta tendiamo a non focalizzare semplici ma chiari segnali di una relazione disfunzionale. Tuttavia la relazione diviene evidentemente patologica è nel momento in cui la relazione cessa di esistere. La conclusione di una relazione rappresenta uno degli avvenimenti più angosciosi e minacciosi per l’identità di una persona. Sebbene chi determina la fine della relazione che il partner rifiutato sperimentano angoscia , questa è particolarmente viva nel partner rifiutato, forse perché chi ha terminato la relazione ha avuto più tempo per meditare sulla separazione e ha un vantaggio sul riconfigurare un’identità personale che non include il partner. Quando poi il rifiuto o il disinteresse incontrano la fissazione, l’ossessione e la persistenza è probabile che quest’ultimo metta in atto ripetuti e morbosi comportamenti di intrusione relazionale nella vita dell’altro e un’ampia gamma di condotte di stalking volte a finalizzare il bisogno di esercitare il potere e il controllo della vittima.(I dati di ricerca suggeriscono che tali dinamiche sono ri-attualizzazioni di schemi relazionali appresi nel proprio ambiente familiare, permeato da disconoscimento, trascuratezza emotiva, ambienti insicuri o disfunzionali che non favoriscono l’acquisizione di modalità relazionali adattive e strategie di coping efficaci a fronteggiare le situazioni di stress relazionali della coppia, il divorzio, la fine di un rapporto.) Esempi di forme di molestia e intrusione sono continue telefonate indesiderate, lettere, email, intrusione negli spazi personali, sorveglianza, sincronizzazione delle attività, pedinamento, per poi giungere a furto di informazioni, invasioni di proprietà, molestie di vario tipo, coercizione sessuale per giungere ad aggressioni e violenze, quali ad esempio vandalismo, mettere in pericolo la vita della vittima, aggressione sessuale, danneggiare o ferire la persona, uccisione della vittima. Lo stalking dai dati clinici sembra avere una durata media di 22 mesi, ma tende a peggiorare nel tempo. Lo stalking è spesso correlato alla violenza fisica e sessuale. Diventa un’importante fattore di rischio per l’omicidio quando la relazione si caratterizza da violenza domestica. Le ripercussioni sulla vittima di stalking sono molteplici, alcuni esempi sono cambiare i tragitti usuali, disturbi del sonno, mancanza di appetito, malattie di natura organica e psicosomatica, maggiore sospettosità, sfiducia, difficoltà di concentrazione. La prevenzione consiste, per quanto possibile, nel riconoscere i potenziali molestatori prima che avvenga il coinvolgimento relazionale, successivamente evitare i contatti personali con il molestator e ridefinire la relazione con esso. Ma soprattutto chiedere aiuto e stabilire rete sociali formali e informali , quali forze dell’ordine, professionisti , la famiglia, gli amici e mobilitarle qualora fosse necessario. Alle donne che non sono più tra noi, alle donne e agli uomini che soffrono perché intrappolati in relazioni disfunzionali perché scelgano di chiedere aiuto, uscire dalla prigionia e rinascere. Dott.ssa Lidia Caruso – Psicologa
Rif bibliografici:
Brian H, Spitzberg e William R. Cupach . Attrazione, ossessione e stalking. Astrolabio, 2011
R, Noorwood . Donne che amano troppo, Feltrinelli, 1985