Miriam Infantino: "Il primo atto di violenza subito dalle donne... è inferto dalle donne"

  • di Redazione Il Solidale
  • 25 nov 2020
  • OPINIONI

Miriam Infantino: "Il primo atto di violenza subito dalle donne... è inferto dalle donne"

MINEO - Ho sempre sostenuto che il primo atto di violenza subito dalle donne è inferto dalle donne stesse. Anzi, vi dirò di più: ogni donna violenta se stessa per prima. E ci odiamo e ci odiano, perché non siamo mai abbastanza, o siamo sempre troppo. A tre anni non siamo abbastanza per giocare con il compagno maschietto; a dieci non siamo abbastanza brave a giocare ai videogame; a tredici non siamo abbastanza belle da piacere agli altri; a sedici anni non siamo abbastanza magre o abbastanza in carne per attirare lo sguardo del primo amore; a diciotto non siamo abbastanza intelligenti, o non lo siamo mai state; a venticinque anni siamo troppo donne per essere retribuite come un collega uomo; a trenta siamo troppo mamme per lavorare; a quaranta siamo poche di buono che hanno ottenuto un avanzamento di carriera perché si sono ingraziate il capo; a cinquanta siamo troppo vicine alla menopausa; a sessantacinque siamo troppo nonne; a ottanta siamo troppo anziane. In generale, siamo troppo emotive per la qualsiasi. La nostra esistenza è segnata da un crescente senso di inadeguatezza e inferiorità rispetto al mondo che ci circonda e di cui siamo parte. E il problema non sono i cartoni animati Disney con le principesse, che in realtà ci hanno regalato un’infanzia piena di valori. Come “la bellezza sta nell’occhio di chi guarda”, allo stesso modo il problema sta nella gente che giudica e condanna, che violenta, che ignora e tace. Il problema non è neanche essere donna o essere uomo. Il problema è la mancanza di rispetto e la convinzione che, a noi esseri umani, tutto è dovuto. L’inebriante onnipotenza che ci assale quando ci accorgiamo di saper controllare gli altri è immensa, tanto quanto lo è il sapere che esiste qualcuno che dipende da noi. Tale potere di cui soli ci investiamo, ci spinge a comportarci come fossimo padroni di altre vite umane, come se esistessero vite più importanti di altre. “Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” Afferma l’Articolo 3 della Costituzione Italiana. Più che un’affermazione, sembra quasi una flebile risposta, un bisbiglio che si perpetua da e negli anni vicino alle nostre orecchie, ma forse non ancora compreso appieno. La pari dignità - la quale i nostri padri costituenti hanno voluto sottolineare ponendola come prima condizione dei cittadini italiani, quella dignità che ogni essere umano dovrebbe avere agli occhi degli altri, la stessa dignità della quale assenza ci indigniamo e puntiamo il dito quando non la riconosciamo negli altri - la pari dignità dove si trova quando una donna viene violentata e, successivamente, additata come colei che “se l’è cercata”? Dov’è la pari dignità quando una donna in carriera è temuta non per la sua intelligenza, bensì per la sua futura gravidanza? Dov’è la pari dignità quando una donna è costretta a nascondere lesioni per paura di essere giudicata? E la dignità di coloro che combattono silenziosamente una guerra nel loro piccolo per ottenere la fiducia degli altri solo perché sono donne? Dov’è la pari dignità quando si parla di stupro, violenza domestica, body shaming, bullismo o cyberbullismo contro una ragazzina? La pari dignità, signori miei, rimane nell’angolo del vicolo di città in cui è stata violentata quella donna giudicata e abbandonata. La pari dignità sta tra i corridoi dell’azienda che ha preferito licenziare la migliore dipendente, piuttosto che pagarle la maternità. La pari dignità si trova tra i banchi della scuola che ha dovuto dire addio alla ragazzina odiata dal compagno di banco, dal professore, dalle compagne di classe. La stessa ragazzina che non ne poteva più di subire violenza domestica e sentirsi in colpa per essere ciò che era e odiarsi e odiare tutti. Non ne poteva più e si è tolta la vita. La pari dignità sta nei fischi degli uomini in piazza quando una giovane donna sta passando proprio di fronte a loro. La pari dignità sta nei commenti a bassa voce di ragazzi poco più grandi di te, dietro di te, con le mani addosso a te. E tu sei senza via d’uscita, con il fiato sospeso, in attesa di qualcuno che ti porga la mano per uscirne per sempre, da questa società maschilista e onnipotente.   Miriam Infantino (Scrittrice)