"Operazione immigrazione: il caso Malta". Ne parla Maria Pangaro, direttore EFAL nazionale
- di Redazione Il Solidale
- 11 gen 2021
- OPINIONI
A tutti noi è nota la vicenda delle operazioni di soccorso in mare e soprattutto la questione Malta. Ma vediamo cosa è successo nell’ultimo anno.
A giugno 2020 a Malta riparte la campagna di criminalizzazione contro i migranti ed i cittadini solidali. Il trattenimento dei naufraghi in acque internazionali, seppure davanti al porto di La Valletta, esponeva inoltre i naufraghi al rischio di un respingimento verso la Libia, soprattutto dopo la conclusione dei nuovi accordi bilaterali tra il governo maltese ed il governo di Tripoli. Ma lo sappiamo, Malta pratica già da anni respingimenti collettivi illegali verso la Libia, avvalendosi di imbarcazioni private senza segni identificativi, come la navetta che ha riportato a Tripoli nella giornata del 15 aprile scorso decine di naufraghi, intercettati giorni prima a sud di Lampedusa e colpevolmente ignorati anche dalle autorità italiane. In quell’occasione perirono 12 persone, sette gettandosi in mare, ed altri cinque per gli stenti dei giorni di abbandono in mare.
Nel corso delle prime due settimane di novembre abbiamo assistito ad una serie di incidenti con conseguenze tragiche nel mediterraneo. In questo contesto, la presenza in mare della ONG Proactiva Open Arms ha avuto un ruolo fondamentale nelle operazioni di soccorso, essendo l’unico assetto navale a rispondere alle richieste di intervento. Recenti notizie hanno dato risalto al prossimo ritorno in mare della ONG MOAS che collaborerà con Sea Eye in operazioni di ricerca e soccorso.
Il 10 novembre una prima operazione di salvataggio è stata condotta nei confronti di un gommone che trasportava 88 persone. La pronta risposta della ONG spagnola ha consentito l’operazione di search and rescue quando il natante era già sgonfio. Nella stessa giornata Alarm Phone ha inviato una richiesta di intervento per una nave che trasportava 110 persone a largo della costa libica. Stante l’inerzia delle guardie costiere, la nave di Proactiva si è diretta sul luogo indicato ma non è riuscita a localizzare l’imbarcazione in distress. Solo il giorno successivo, grazie anche ad una segnalazione degli assetti di Frontex, la nave ha raggiunto il luogo del naufragio e ha potuto salvare la maggior parte delle persone coinvolte.
Arriviamo al 26 dicembre un’ultima richiesta di soccorso giunta ad Alarm Phone per un’imbarcazione con 13 persone a bordo partita dalle coste libiche. Ad oggi nessuna notizia circa le sorti dell’imbarcazione, ma è apparso significativo che Frontex abbia risposto alla richiesta di AP effettuando nella giornata del 26 due voli di ricognizione che non hanno prodotto esiti positivi.
Il quadro descritto evidenzia alcune tendenze sempre più chiare: il ruolo delle navi delle ONG è determinante non solo ai fini di intervento ma anche per evidenziare l’inattività degli enti statali coinvolti nell’attività SAR; i ritardi nelle azioni di soccorso sono spesso fatali, la cosiddetta guardia costiera libica sembrerebbe non intervenire quando i naufragi avvengono a poca distanza dalla proprie coste ma solo se interpellata quando le imbarcazioni si avvicinano alle aree SAR europee e, da ultimo, è sempre più evidente la presenza e il ruolo ricoperto da Frontex. Trattenimento e precarizzazione dei titolari di protezione umanitaria.
Prosegue la politica di automatica detenzione dei migranti appena sbarcati sull’isola, al fine di sopperire alla carenza di posti nei centri di accoglienza. Nel corso di quest’anno Malta ha beneficiato di diverse operazioni di ricollocamento attraverso il coordinamento di OIM. Insomma Malta sta giocando la sua partita politica in ambito europeo accodandosi agli altri paesi mediterranei nella richiesta di obblighi precisi in tema di condivisioni delle responsabilità alla luce del nuovo patto europeo sulle migrazioni e l’asilo. La stampa locale ha dato un certo risalto alla risoluzione adottata dalla Commissione LIBE del Parlamento Europeo, nella quale viene contestato il criterio di ripartizione delle domande di asilo previsto dal Regolamento Dublino che non verrebbe sostanzialmente scalfito dal nuovo patto, ribadendo la necessità di meccanismi obbligatori di solidarietà. Il governo maltese resta fermo sulla sua posizione sempre più chiara “esternalizzare” il più possibile le procedure di protezione internazionale ad altri paesi UE e limitare l’accesso di richiedenti asilo attraverso politiche di accordi bilaterali con paesi di transito. Maria Pangaro (Direttore EFAL nazionale)