Diario di una lezione "speciale"...

  • di Redazione Il Solidale
  • 20 nov 2015
  • OPINIONI

Diario di una lezione "speciale"...

Questa mattina mi sono recata in classe per la prima volta dopo i terribili fatti del 13 novembre; avevo trascorso il week end immersa in mille pensieri; troppe erano le emozioni e le parole che mi frullavano in testa, ma non riuscivo a dar loro un nome e un senso: dolore, frustrazione, incapacità di comprendere.
La cosa che più mi premeva era l’ansia di parlare con i miei ragazzi, loro sono musulmani; li conosco da pochi mesi, li vedo tre giorni a settimana, insegno loro italiano e loro di rimando insegnano a me tantissime cose; è una scuola di vita la nostra, ed ogni giorno ognuno di noi porta a casa e nel proprio cuore qualcosa di nuovo.
Finalmente oggi ho potuto incontrarli, ci siamo seduti insieme attorno al tavolo, loro avevano già capito che non avremmo continuato a studiare il passato prossimo ma che sarebbe stata una lezione “speciale”…tenevano gli occhi bassi in attesa che io cominciassi a parlare.
Non è stato facile, non sapevo da dove iniziare, ma loro mi hanno infuso coraggio; avevamo già affrontato questi discorsi, avevamo già parlato di cattolicesimo, di islam, di integrazione e di differenze culturali e religiose per noi inesistenti; avevamo anche parlato di quanto, però, fosse difficile per loro farsi spazio tra i pregiudizi della gente, cancellare quelle etichette che ti si attaccano addosso e che non riesci a togliere via…tutti quei discorsi, tuttavia, non conoscevano ancora l’amarezza della tragedia avvenuta a Parigi.
Allora, ho iniziato ricordando loro quelle nostre belle parole, i nostri bei pensieri fino ad arrivare al cuore della questione; mi ascoltavano in silenzio, qualcuno annuiva, qualcuno teneva gli occhi bassi, qualcuno guardava nel vuoto.
Ho fatto vedere loro un video trovato per caso su facebook: si tratta di un giovane musulmano che, in strada, bendato, senza parlare, ma attraverso poche semplici parole scritte su due piccoli cartelli chiede di essere abbracciato, chiede alla gente che riesca a distinguere tra un terrorista e un vero musulmano e quindi di abbracciarlo.
Ho spiegato loro il significato dell’hashtag NOT IN MY NAME.
Da li i ragazzi hanno mi hanno aperto il cuore, ed è li che ho proposto loro di trascrivere i loro pensieri su carta per essere pubblicati, affinché tutti potessero avere la possibilità di conoscere le riflessioni e le idee di alcuni giovani musulmani che condannano il terrorismo, che lo temono quanto noi e che si mortificano nell’essere identificati con uomini che uccidono in nome di Dio.
Cosi sono nati i “Pensieri dall’Islam”…   Rosaura Cuddè