Caltagirone, domani al Giardino pubblico "Finché morte non ci separi"

  • di Redazione Il Solidale
  • 24 nov 2015
  • SOCIALE

Caltagirone, domani al Giardino pubblico "Finché morte non ci separi"

Caltagirone. Presso il Giardino Pubblico di Caltagirone sarà celebrata la giornata contro la violenza sulle donne. Con un palco non solo al femminile ma anche al maschile e con tantissimi giovani anche extracomunitari. Con tante scarpette rosse x ricordare che purtroppo la violenza è attorno e vicina a noi ogni giorno.
“La lotta contro il femminicidio avrà una svolta solo quando sia le donne che gli uomini sapranno spogliarsi dei tanti ruoli stereotipati che ci appartengono, quando ogni donna potrà spogliarsi di quelle colpe archetipiche, dei vestiti, dei pregiudizi, dei ruoli ingessati, senza che questo offenda o metta in difficoltà nessuno, senza che la società le giudichi”. Così dichiara la Psicologa Elisa Privitera promotrice e organizzatrice della manifestazione attraverso l’Associazione Estia.
“E quando sapremo mettere in evidenza la forza e non la fragilità della donna, anche attraverso la pubblicità, quando saremo tutti così tanto civili da amare la donna in tutto il suo saper essere e si smetterà di pensare che un corpo nudo porta inesorabilmente alla violenza allora si che la battaglia avrà la sua vittoria. Un passo in avanti importante sarà fatto solo quando nessuno sottovaluterà uno schiaffo, una battuta apparentemente scherzosa o una parola di troppo, urlata e tagliente, che è il primo passo di una pericolosa spirale. Chi usa parole o frasi, apparentemente innocue, trascura il fatto che hanno un grande potere, come hanno potere le parole sulla carta stampata e quelle trasmesse in tv: con frasi tipo “dramma della gelosia”, “raptus familiare”, “delitto passionale”, raccontano una normalizzazione del rapporto amore/morte/famiglia/violenza. E il tradimento o l’abbandono può avere come effetto collaterale la violenza.”
“Sette donne su dieci sono vittima di violenza. Il 70% delle donne nel mondo, secondo il segretario dell’Onu, almeno una volta nella vita ha subito violenza. Ma quante di queste violenze vengono denunciate?-si chiede la Dottoressa Privitera- “Poche purtroppo. Sfortunatamente non accade perché siamo abituati a pensare o ci è stato insegnato che non si può dire e che certe cose devono restare in famiglia. Succede perché magari non lavoriamo e dipendiamo dall’altro. Accade perché tante volte ci hanno ripetuto che la donna deve stare al suo posto e così alla fine ti assale e si insinua quel maledetto dubbio che ti fa pensare che quello schiaffo ce lo siamo meritate perché è colpa nostra. Tutti stereotipi culturali, purtroppo che dobbiamo imparare a combattere! Dal 2000 al 2012, sono state uccise in Italia 2220 donne e il 70% dei femminicidi è accaduto in ambito familiare. Nel mondo ci sono 603 milioni di donne che vivono in Stati dove la violenza verso di loro non è considerato reato, come il femminicidio.
Con questo semplice evento – prosegue la Dottoressa Privitera – vogliamo dimostrare a tutti la determinazione a non dimenticare, facendo del contrasto al femminicidio un impegno costante come cittadine e cittadini impegnati nella vita civile e sociale del nostro paese. In questa giornata contro la violenza sulle donne occorre impegnarci, insieme, per affrontare e combattere questa piaga!
Gli aspetti educativi sono indispensabili in vicende come queste che hanno un radicamento culturale profondo. Cominciare dai ragazzi è dunque fondamentale e per questo abbiamo deciso di invitare a partecipare gli istituti scolastici della nostra città.
Oggi siamo in grado di parlare tranquillamente di femminicidio ma fino a qualche hanno fa non era così scontato. E’ dunque fondamentale riuscire a radicare una coscienza, una consapevolezza della gravità di questi fatti e soprattutto della loro incidenza! Per cambiare veramente le cose bisogna partire dai cittadini più giovani. E gli insegnanti hanno il compito più importante e cioè quello di creare germogli di una nuova cultura che dia vita ad un futuro diverso delle donne e che metta in discussione gli stereotipi di genere. Perché non succeda più che su certi gesti ed episodi, di cui spesso non c’è neppure consapevolezza, possa cadere una coltre di silenzio. Si devono affrontare le radici della violenza sulle donne sia da un punto di vista culturale sia sul piano del sostegno investendo seriamente sulla prevenzione e sulla protezione delle vittime, in un percorso che metta loro a disposizione strumenti concreti come una casa e un lavoro.”
“Voglio concludere con le parole di una persona che mi spinge ogni giorno nel mio impegno politico e sociale, una persona che pesa solo 50 chili e che è riuscita a tenere testa, da sola, a un esercito feroce di 300 mila uomini “Aung San Suu Kyi”. Una piccola grande donna birmana, Nobel per la Pace nel 1991, finalmente libera dagli arresti domiciliari e solo 21 anni dopo, ha potuto finalmente ritirare il suo premio a Oslo. E che da 25 anni si oppone alla dittatura in Birmania.
La frase è tratta da un discorso che tenne alla Pagoda di Shwedagon, a Rangoon, in Birmania, nel 1988.
<Non abbassare la testa, guardare avanti: anche, dritto negli occhi, la propria paura.>>.