Referendum Trivelle 17 aprile: le ragioni per ASTENERSI

  • di Redazione Il Solidale
  • 8 apr 2016

Referendum Trivelle 17 aprile: le ragioni per ASTENERSI

Referendum Trivelle: abbiamo iniziato la nostra analisi su quale scelta fare il prossimo 17 Aprile, ragionando su alcune motivazioni per cui bisognerebbe votare NO.

PREMESSA: spieghiamo l'abrogazione sottoposta al referendum

Il referendum No-Triv propone “l’abrogazione della norma che concede di protrarre le concessioni per estrarre idrocarburi entro 12 miglia dalla costa italiana fino alla vita utile del giacimento. Se il referendum approverà l’abrogazione, le concessioni giungeranno alla scadenza prevista”.

Con la vittoria del SI, viene limitata la durata delle concessioni alla loro scadenza naturale, vengono evitate proroghe e le società petrolifere sono obbligate a smantellare le piattaforme.

Il referendum del 17 aprile non va, quindi, a modificare la possibilità di compiere nuove trivellazioni oltre le 12 miglia, e nemmeno la possibilità di cercare e sfruttare nuovi giacimenti sulla terraferma.

Adesso passiamo alle ragioni per cui dovremmo invece astenerci al voto

Partiamo dalle considerazione di Piercamillo Falasca, portavoce del fronte astensione. Secondo Falasca, su questo referendum ci sono 'tante bugie attorno': secondo quando dichiarato a Linkiesta, giornale digitale, "il referendum riguarda le piattaforme estrattive che già esistono e stanno estraendo gas e petrolio entro le 12 miglia dalla costa. Non c'è nulla da trivellare, insomma. Anche perché già oggi lo Stato vieta di trivellare per cercare e sfruttare nuovi giacimenti entro tale distanza. Chi vota sì, vuole che le concessioni arrivino a scadenza, ma non vadano oltre. Io e altri, consigliamo di andare al mare, per evitare che si raggiunga il quorum".

Inoltre Falasca fa presente che in "cinque anni il 75% delle concessioni entro le 12 miglia vanno a scadenza, ed entro il 2027 non ci sarà più una concessione attiva. Nonostante ci saranno ancora giacimenti ricchi di gas che noi lasceremo lì, inutilizzati". 

Tutto da perderci insomma se dovesse vincere il SI. E questo comporterebbe una maggiore dipendenza "da fonti energetiche estere per il 76% del nostro fabbisogno".

A chi gli fa notare che esistono pure le energie rinnovabili, risponde: "Quelle piattaforme sono ricchezza prodotta in Italia: 750 milioni di euro di Pil, 11mila persone che ci lavorano, che diventano 31mila contando l'indotto. A spanne, sono circa 1 miliardo di euro di gettito fiscale. Spiegatemi in che modo un settore che vive di sussidi come quello delle rinnovabili potrebbe giovarsi di una diminuzione delle risorse statali. Senza contare i danni occupazionali".